Non solo la salute, ma lo stesso futuro dei cittadini di Taranto sarebbe a rischio a causa dell’Ilva. Nell’area infatti, circa una coppia su quattro sarebbe colpita da infertilità a causa dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico, e il 26% delle donne soffrirebbe inoltre di menopausa precoce. Danni che i tarantini potrebbero pagare per le prossime tre generazioni. L’allarme arriva da un studio del Policlinico di Bari, presentato nel corso del convegno “Salute, ambiente, lavoro nella città dell’acciaio”, organizzato dalla Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri).
Di Ilva si parla ormai da tempo (vedi Galileo: Ilva: a Taranto crescono tumori e mortalità e Ilva, i dubbi dei consulenti sull’aumento dei tumori), ma fino ad oggi ad attirare l’attenzione era stata solamente l’alta mortalità legata ai tumori, che stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità supera nella zona la media nazionale dell’11% (+14% per gli uomini, e +8% per le donne). Il congresso della Fnomceo, organizzato in collaborazione con gli ordini dei medici di Taranto e di Brindisi e con l’Associazione Internazionale Medici per l’ambiente, ha messo invece in luce come l’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico comporti anche rischi di altro tipo, legati in primo luogo alla fertilità.
Lo studio presentato da Raffaella Depalo, direttrice dell’Unità di Fisiopatologia Riproduzione Umana del Policlinico di Bari, ha evidenziato ad esempio come la percentuale di coppie infertili in Puglia, concentrate per la maggior parte nel territorio compreso tra Taranto e Brindisi, abbia raggiunto oggi il 20-25%. Un dato inquietante, se si pensa che la media nazionale si aggira intorno al 15%. Tra le pazienti del centro diretto da Depalo inoltre, il 26% di quelle provenienti da un’area compresa entro 20 km dalla città di Taranto mostravano i sintomi di una menopausa precoce, patologia che solitamente non colpisce più del 4-5% della popolazione.
La causa probabile di queste patologie andrebbe ricondotta, secondo la ricercatrice, all’esposizione ambientale alla diossina prodotta dallo stabilimento dell’Ilva, che causerebbe, come racconta Depalo, “delle alterazioni nella catena di espressione dei recettori per gli estrogeni, sostanze che sostengono la crescita follicolare e la maturazione ovocitaria”. Anche gli uomini comunque risentirebbero degli effetti della diossina. Stando ai dati preliminari di uno studio sull’associazione tra diossina e la fertilità maschile nell’area di Taranto, nel liquido seminale dei residenti si evidenzierebbe un aumento di stress ossidativo e frammentazione del Dna, alterazioni collegate ad una maggiore frequenza di aborti spontanei.
Come ha sottolineato Agostino Di Ciaula, presidente della sezione pugliese dell’Associazione Internazionale Medici per l’ambiente, intervenuto nel corso del convegno, i nuovi dati aiutano a tratteggiare la reale entità dei danni causati dallo stabilimento dell’Ilva: “I tarantini continueranno a pagare conseguenze sanitarie almeno per le prossime tre generazioni, per cui è urgente chiudere i rubinetti dell’inquinamento prima di pensare a qualsiasi altra cosa”.
Credits immagine: mafe de baggis/Flickr