Non è proprio come fare l’astronauta, ma lo spirito è più o meno lo stesso. Grazie al progetto Radio Galaxy Zoo, lanciato da un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui gli astronomi della University of Minnesota, da oggi chiunque potrà diventare, nel suo piccolo, un esploratore cosmico. E aiutare la comunità scientifica a individuare i buchi neri supermassivi attivi nel centro delle galassie stando comodamente seduti sul divano di casa propria. Non è necessaria alcuna competenza specifica, spiegano i promotori dell’iniziativa: basta un computer e una connessione a internet. Abbinando immagini del cielo scattate nelle lunghezze d’onda degli infrarossi e radio, gli utenti possono identificare le galassie che “ospitano” questi corpi celesti estremi, a cui neanche la luce può sfuggire. I dati nel range dell’infrarosso vengono dal satellite Wide-Field Infrared Survey Explorer (Wise) della Nasa, mentre quelli relativi alle onde radio sono forniti dal telescopio Karl G. Jansky Very Large Array (Vla) in New Mexico. Ma gli scienziati hanno intenzione di ampliare l’“offerta”, includendo in futuro anche le immagini dei telescopi Atca e Askap in Australia e dello Spitzer Space Telescope.
I buchi neri supermassivi, a causa dei fortissimi campi gravitazionali che generano, attirano il materiale circostante, crescendo fino a miliardi di volte la massa del Sole e producendo getti spettacolari di materia che viaggia a velocità altissime. Tali getti, spesso, non possono essere rivelati nella luce visibile, ma si possono vedere scandagliando lo spazio con radiotelescopi. Quello che devono fare gli utenti, spiegano i ricercatori, è abbinare le immagini scattate all’infrarosso con quelle nel range delle onde radio: “Basta un minuto per imparare a farlo”, dice Julie Banfield, coordinatrice del progetto. “Per lavorare con le immagini ci vogliono pochi secondi. Forse un paio di minuti, per quelle più difficili. Bisogna sovrapporle ed esaminare quella che si pensa sia la galassia al centro”. L’abbinamento buco nero/getto di materia aiuterà gli scienziati a comprendere la formazione e l’evoluzione temporale di questi oggetti: con un campione abbastanza grande, gli astronomi sperano di avere abbastanza dati per tutte le fasi del ciclo di vita dei buchi neri e riuscire a costruire un modello teorico che ne spieghi l’origine in modo convincente. “Alla fine, avremo fino a 20 milioni di sorgenti radio che hanno bisogno di essere classificate”, racconta Lawrence Rudnick, astronomo di Radio Galaxy Zoo. “I computer e pochi scienziati, da soli, non possono fare molto. L’aiuto delle persone ‘comuni’ sarà essenziale per scoprire e studiare i buchi neri”.
Credits immagine: radio.galaxyzoo.org
Si parla tanto di buchi neri, ma non di quelli costituiti in laboratorio, ora non so perché l’articolo che ho perso di leggere, mi sia sfuggito, comunque io volevo “imprimere”, nella mente, non solo mia, la possibilità che con delle semplici lenti gravitazionali, e se ne trovano nel nostro universo, potremmo collimare ciò che asserì colui il quale enunciò hn= mc^2 deflettendo, indi oltrepassando ostacoli, fin dove la materia animata non arriva, poiché con delle elaborazioni a tempi strutturati, si otterrebbe da manipolazioni di reazioni chimiche modulando il k di reazione, oltre che con l’interferenza costruttiva applicata a micro sorgenti diffrattive, ebbene ottenere amalgama o collante per il proseguo della reazione nel verso voluto.
Dimenticavo di dire che dato che originariamente il tempo sebbene sia intrappolato, o, se vogliamo, che sia supportato, e allora lo spazio cioè a dire il legante tra i due, cioè la gravitazione che anche lei è un reticolo costituito sullo spazio-tempo, ebbene tutto sottostà alla legge di Navier-Stokes, in un buco nero, in un modello quadridimensionale, poiché nello spazio, anche oltre che immediato, anche corporeo, o matematicamente volumetrico non densitologico, che entrambe partendo da un’ottica delineante i particolari se corporeo o le forme se teorico-matematico, doni a ciò che è assorbito dalla luce nelle parole proferenti il detto “luce della luce”, osservare cioè eseguire una conversione esplicativa di trasferimento di quei dati che da bidimensionali diventino tridimensionali considerando in atto l’esecuzione in pari passo della comprensione del metodo dei minimi quadrati nonché la statistica di Cauchy alle n dimensioni, accomunate realmente da un’esigenza di chiarire il comprensibile legame tra 2D (minimi) e nD (Cauchy). .