Tempo di riflessioni per chi si occupa di tossicodipendenze. Le impone, insieme ad auspicabili ripensamenti, la lettura di due recenti documenti sull’argomento: le linee guida della nuova strategia della Croce Rossa Internazionale approvate all’unanimità pochi giorni fa a Ginevra e uno studio di The Lancet che propone una diversa graduatoria tra le venti droghe più diffuse e un sistema alternativo di valutazione dei rischi.
In entrambi i casi il messaggio è inequivocabile: è ora di cambiare tattica abbandonando le politiche repressive, incapaci finora di fornire soluzioni efficaci ai vari problemi che ruotano intorno al consumo di sostanze stupefacenti. Per passare invece a strategie di riduzione del danno e nuovi criteri di classificazione delle sostanze illegali, così come rispettivamente invitano a fare l’organizzazione umanitaria e la rivista inglese che rilanciano il problema droga in una prospettiva mondiale. Perché, come dice Massimo Barra presidente della Cri, “è stato ampiamente riconosciuto che il problema della tossicodipendenza non riguarda solo i paesi occidentali ma tutti i paesi e rappresenta il principale problema del mondo”, (gli aspetti internazionali del fenomeno non sono stati trascurati da Galileo: Oppio umanitario, Più coca, meno narcotraffico).
Il documento della Croce Rossa intitolato “Per un nuovo impegno verso una politica umanitaria nel campo delle tossicodipendenze” parla chiaro: il carcere e le paternalistiche campagne di prevenzione non solo non funzionano come strumenti di dissuasione, ma non risolvono neanche i danni provocati dalla droga. Meglio allora puntare a salvaguardare la salute di chi consuma droga e limitare il più possibile le conseguenze nocive della dipendenza, la mortalità e le patologie correlate. Come? Con campagne informative sulle caratteristiche chimiche delle sostanze di abuso e gli effetti che possono indurre, attraverso la distribuzione di siringhe sterili per limitare i rischi di contagio da Hiv e Tbc, come suggerito anche dall’Organizzazione Mondiale di Sanità, e di farmaci salvavita, o incentivando la somministrazione controllata di eroina sotto supervisione medica (safe injection rooms che funzionano già da anni con successo in Spagna, Germania e Svizzera). “L’educazione sanitaria da strada è una delle strategie di riduzione del danno più comunemente adottate”, dice Roberto Chiarelli, responsabile delle unità di strada di Villa Maraini a Roma, una struttura per l’aiuto e l’assistenza ai tossicodipendenti, che non impone una sola risposta terapeutica ma un ampio ventaglio di opportunità (inevitabile il confronto con la differente filosofia di San Patrignano in “Quei conti non tornano”). “Tra gli interventi in strada”, continua Chiarelli, “rientra lo scambio di siringhe che consiste nel raccogliere le siringhe usate e dare in cambio le nuove e la circolazione di camper attrezzati per gli interventi d’urgenza per overdose”.
Ma la principale risorsa per limitare i danni delle droghe restano i trattamenti sostitutivi, tra cui il più diffuso è quello a base di metadone, un oppiaceo che consente al tossicodipendente di superare le crisi di astinenza dall’eroina, senza però produrre i devastanti effetti di quella che continua a essere giudicata la droga più pericolosa.
La sua cattiva fama è infatti stata confermata anche dallo studio di Lancet, che ha introdotto un nuovo sistema di valutazione dei rischi connessi all’abuso delle sostanze. Il giudizio sulla pericolosità di una droga non è più dato in base alle caratteristiche della sostanza in sé, ma analizzando tre principali fattori: pericolosità sociale, danno fisico e dipendenza. Così eroina e cocaina, in virtù soprattutto dell’elevato rischio di infezioni dovuto alla somministrazione endovenosa e all’alto livello di dipendenza psicologica e fisica che sono in grado di indurre, continuano a mantenere le prime due posizioni, contendendosi però il triste primato con l’alcol (sempre più diffuso tra i giovani e quindi con un impatto sulla società molto maggiore, Allarme alcol per i giovanissimi) e il tabacco. Mentre cannabis, Lsd ed ecstasy slittano nella parte bassa della classifica. Il che, soprattutto per quanto riguarda la cannabis, non stupisce. Galileo in più occasioni ha riportato le varie testimonianze sulle proprietà terapeutiche della pianta, ma anche le perplessità rispetto a un uso troppo disinvolto (Una speranza dalla marijuana, Cannabis fai da te). Tra le più recenti dichiarazioni raccolte c’è quella di Lester Grinspoon, psichiatra e medico della Harvard Medical School, tra i massimi studiosi dell’uso terapeutico della marijuana (Paradosso cannabis): “Le evidenze cliniche dei benefici derivanti dall’utilizzo della canapa terapeutica sono troppe per essere ignorate e rendono obsolete le paure circa la tossicità di questa sostanza”. Per questo in quell’occasione si chiedeva la revisione della legge Fini-Giovanardi, la cui gestazione Galileo ha seguito sin dagli esordi (“Quella legge s’ha da fare”). Una legge che mostra tutta la sua debolezza di fronte alle dichiarazioni della Croce Rossa e all’indagine scientifica di Lancet, ma che il governo attuale non sembra particolarmente interessato a cambiare.