Un nuovo libro sul mistero del paesaggio che fa da sfondo al più celebre dipinto del mondo: “The secret landscape of The Monnalisa”. È l’ultima fatica di due studiose, Olivia Nesci e Rosetta Borchia, che da otto anni lavorano alla ricerca degli scorci che hanno ispirato i quadri più importanti del rinascimento. Olivia Nesci è professoressa associata di Geografia Fisica all’Università di Urbino, Rosetta Borchia è una pittrice ed esperta d’arte e dei paesaggi del Montefeltro. Questo mix di competenze ha portato le due cacciatrici di paesaggi, pioniere di questa innovativa disciplina (Geografia dell’arte?), a capire quello che Leonardo ha dipinto alle spalle dell’enigmatica Gioconda. Una serie di scorci della Val Marecchia e del Montefeltro riuniti, grazie a tecniche di compressione prospettica, in un unico paesaggio.
Le ricercatrici si sono avvalse di dati geomorfologici, storici, topografici e foto aeree; sono servite dettagliate ricostruzioni delle dinamiche del paesaggio per arrivare a riconoscere un ambiente che, in centinaia di anni, è naturalmente e artificialmente cambiato. Intuizioni e metodo scientifico hanno guidato questa meticolosa ricerca della verità. I risultati delle ricerche di Rosetta e Olivia sono stati pubblicati per la prima volta nel 2012 nel libro “Codice P.” edito da Mondadori; negli ultimi due anni le ricercatrici si sono dedicate alla scrittura di un nuovo libro e lo scorso 21 gennaio è partita la campagna di crownfounding per la pubblicazione. Ecco cosa ci ha raccontato sulla loro ultima fatica editoriale una delle autrici, la professoressa Nesci.
Cosa ci sarà di nuovo in “The secret landscape of The Monna Lisa”?
“Sarà un libro più divulgativo e consultabile, abbiamo alleggerito i tecnicismi e inserito una guida, per rendere la lettura più scorrevole. Ci saranno le nuove immagini aeree scattate con l’ausilio dei droni e il libro verrà tradotto in diverse lingue”.
Come è nata la vostra scoperta?
“Era il 2009 e mentre lavoravamo al progetto sui balconi di Piero Della Francesca da uno di questi punti panoramici ci siamo improvvisamente accorti di avere davanti agli occhi qualcosa di estremamente familiare: l’alta valle del Senatello era una parte del paesaggio dietro alla Gioconda. Da quel momento abbiamo cominciato a lavorare a quest’idea nata per caso. Abbiamo utilizzato immagini del dipinto ad altissima definizione, forniteci dalla Mondadori. Modificando le proporzioni delle immagini abbiamo cercato di capire con quali criteri e con quali tecniche di manipolazione della prospettiva Leonardo decise di rappresentare il paesaggio. Abbiamo confrontato misurazioni morfometriche, immagini satellitari, dati cartografici e analizzato i bozzetti preparatori del dipinto. Lo studio delle dinamiche di evoluzione del paesaggio ci ha permesso di capire come poteva presentarsi il paesaggio agli occhi di Leonardo. Una volta capito il codice di compressione prospettica (una serie di tecniche impiegate da altri pittori rinascimentali, come Van Eyck e lo stesso Piero della Francesca) che egli aveva utilizzato, ci è stato possibile unire tutti i tasselli e capire che Leonardo ha voluto sperimentare, creando uno sfondo surreale ma composto da scorci reali. Ha compresso nello spazio del campo visivo un paesaggio molto più ampio di quello che può sembrare, pur senza trascurare i dettagli e il rigore scientifico. Questo ribadisce, come se ce ne fosse bisogno, la sua preponderante vocazione di inventore e scienziato”.
Nel periodo in cui compievate la vostra ricerca emergevano nuovi indizi di una possibile identità alternativa della Gioconda. Vi sono state utili?
“Sì, contemporaneamente alla nostra ricerca, lo storico Roberto Zapperi ha pubblicato un libro (“Monna Lisa addio”, Le Lettere, 2012) nel quale proponeva la teoria che la donna ritratta da Leonardo non è Lisa Gherardini ma Pacifica Brandani, una cortigiana di Urbino amante di Giuliano de’ Medici. Questa sorprendente coincidenza ha rafforzato ulteriormente le nostre convinzioni e ha fornito una risposta al perché Leonardo decise di ritrarre il Montefeltro e la Val Marecchia dietro alla Gioconda”.
Che influenza ha un libro come questo per il territorio?
“Nel momento stesso in cui scopri che un determinato paesaggio fa parte di un dipinto di fama internazionale, quel territorio assume un valore grandissimo, diventa un patrimonio mondiale.
In una delle presentazioni sul paesaggio della Gioconda, a Pennabilli, una signora anziana alla fine della conferenza si è avvicinata a me e a Rosetta per ringraziarci. Era commossa perché aveva riconosciuto nel quadro alcuni dettagli e alcuni luoghi nei quali aveva passato l’infanzia.
È giusto sentirsi onorati di far parte di qualcosa di universale ed eterno come certe opere d’arte”.
via thawildisgelo
Ho letto il libro “Codice P” e mi complimento per l’articolatissimo lavoro delle ricercatrici, che evidenzia tutta la loro passione profusa nel presentare le loro osservazioni.
Non sono però d’accordo sulla localizzazione del paesaggio.
Sulla base di ricerche portate avanti da alcuni anni il paesaggio della Gioconda è ambientato nei dintorni di Firenze; precisamente lungo la valle dell’Arno dove già ai tempi di Leonardo esisteva l’unico ponte tra Firenze e Pisa e cioè il ponte di Signa, antichissimo, costruito nel 1120 dal Beato Alluccio.
Attualmente detta zona riguarda il territorio del Comune di Signa sulla sponda destra ed il Comune di Lastra a Signa sulla riva sinistra dell’Arno.
————————-Alcune brevi osservazioni:
1°)- Concordo con la rappresentazione riportate a pag. 43 del ” Codice P”, che evidenzia come il paesaggio sia costituito da diversi scenari; secondo la tesi che sto portando avanti si individuano fondamentalmente le stesse suddivisioni, ma con una particolarità e cioè che il punto di osservazione è unico.
2°)- A pag. 108 del “Codice P” viene riportata, nelle figure 172 e 173 la rappresentazione imponente, non facilmente decifrabile, che si trova sulla sinistra del quadro, guardando la Gioconda; con la relativa spiegazione che a dir la verità io trovo incomprensibile.
Nella tesi presentata dal sottoscritto e dallo storico Boreno Borsari si tratta invece di un enorme monolite, il “Masso della Gonfolina”, studiato da un punto di vista geologico dallo stesso Leonardo e che assomiglia in modo impressionante alla rappresentazione leonardesca. Emilio Lazzeri
Leggo con ritardo l’articolo. L’ipotesi che la donna rappresentata fosse Pacifica Brandano favorita di Giuliano De’ Medici era stata avanzata in maniera convinta da Carlo Pedretti (vedi: Storia della Gioconda, par.VIII, Geneve, 1957). Per quanto riguarda il paesaggio concordo con Lazzeri si tratta del tratto del fiume Arno che va dall’antico Ponte di Signa (c’è un rilievo del 1596) fino allo sbocco del fiume nel Tirreno. Dalla parte destra della figura c’è rappresentata la zona di Signa dall’altra riprende il percorso del fiume con la vecchia “esse” ed è rappresentato il masso della Golfina (più volte citato da Leonardo). Dall’altra parte queste zone si ritrovano rappresentate nel primo disegno del 1473 e nella forra con le anatre del 1475. Sono luoghi che abitualmente frequentava nei suoi viaggi tra Vinci e Firenze.
Ho letto tre articoli incentrati sulla medesima autrice della ricerca e risultano tutti differenti fra loro. Non coincidono né sul nome della Gioconda, né su quello dei paesaggi.
Mettetevi d’accordo e fateci sapere.
Sto ricercando i paesaggi di alcuni dipinti di Leonardo da Vinci, come La Santa Anna, Le San Girolamo e ovviamente La Joconda che ho localizzato molto seriamente.Beh, mi dispiace dire ai miei amici italiani, che questi paesaggi sono assolutamente non italiano, per quanto paradossale possa sembrare.