Sono passati sei mesi da quando Philae, il lander della missione Rosetta dell’Esa, ha esaurito le sue batterie, appena tre giorni dopo essere atterrato sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Eppure, la speranza che il lavoro di Philae possa riprendere rimane: secondo alcuni scienziati, il lander potrebbe essersi solamente addormentato e potrebbe risvegliarsi con l’aumentare delle temperature (con l’approssimarsi al Sole) sulla superficie della cometa.
Situato in un’area nota come Abydos, una zona in ombra al di sotto di uno spuntone di roccia sulla cometa, Philae non è stato finora in grado di ricaricare le sue batterie, alimentate da energia solare. Tuttavia, gli scienziati sperano che con l’avvicinarsi di 67P al Sole, in queste prime settimane di Maggio il lander potrebbe finalmente essere esposto ad abbastanza luce solare da riavviarsi e trasmettere un segnale alla sua sonda madre, Rosetta.
Come spiega Nature, sono diversi i fattori che decideranno se Philae si risveglierà oppure resterà in uno stato di ibernazione, a cominciare dalla temperatura misurata dal termostato equipaggiato sul lander. Solo quando la temperatura interna supererà i -45°C Philae sarà infatti in grado di controllare se le batterie hanno ancora abbastanza energia da riavviare il sistema.
Le temperature misurate da Philae lo scorso Novembre si aggiravano attorno ai -160 gradi, ma, come spiega Stephan Ulamec, project manager del lander, adesso l’area attorno al lander si dovrebbe essere ormai riscaldata di circa 40 o 50 gradi. Tuttavia, le batterie di Philae possono ricaricarsi solo se la temperatura supera gli 0 gradi celsius e ora, a causa della rotazione della cometa, Philae è esposto per soli 80 minuti alla luce, seguiti da 11 ore di buio (e di conseguenza di freddo estremo).
La situazione è complicata anche dalle ombre proiettate dalle rocce che circondano l’area in cui il lander è situato, di cui gli scienziati hanno solo un’idea vaga e non sono in grado di prevedere in che modo esse saranno orientate una volta che la cometa si troverà più vicina al Sole.
Philae inoltre è in una posizione inclinata: questo vuol dire che più alto il Sole è nel cielo sopra 67P, meno luce solare colpisce i pannelli presenti sulla parte superiore del lander. Secondo i calcoli dei ricercatori, durante il mese di giugno la luce del Sole smetterà di raggiungere questi pannelli una volta per tutte, anche se potrebbe aumentarne la quantità di quella che colpisce i pannelli laterali (uno degli ultimi comandi dati al lander prima dell’ibernazione, infatti, è stato di ruotare in modo da orientare il pannello solare più grande verso la luce).
Va detto inoltre che le basse temperature non constituiscono un ostacolo solo per le batterie di Philae, ma anche per i materiali che compongono il lander: prima di essere lanciato assieme a Rosetta, infatti, questi componenti sono stati testati a temperature di -60°C ma, secondo Ulamec, nelle notti più fredde su 67P la temperatura potrebbe essere arrivata fino a -160°C. I ricercatori pertanto non sono sicuri di quanto possano resistere i materiali di Philae prima che le saldature vengano danneggiate, rendendo la batteria molto più vulnerabile.
Anche la polvere, prodotta dai gas in sublimazione sulla superficie della cometa, potrebbe constituire un problema non da poco, depositandosi sui pannelli solari e rendendoli meno efficaci o, addirittura pregiudicare del tutto il loro funzionamento.
Detto questo non si esclude che Philae sia già sveglio, ma che o non abbia abbastanza energia per comunicare, o stia già trasmettendo un segnale che Rosetta, per motivi di posizionamento, non riesce a captare (la sonda deve trovarsi, infatti, a meno di 300 km di distanza da Philae e sullo stesso lato della cometa, con le antenne di entrambi all’incirca allineate per captare un segnale).
Cinzia Fantinati, operations manager di Philae, sostiene che potrebbero esserci circa 10 diverse occasioni di contatto tra i due prima del 17 maggio. Successivamente, la probabilità di Rosetta di cogliere un segnale sarà meno alta a causa di un problema di navigazione causato dal cambiamento di orbita della cometa effettuato a marzo.
Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature.2015.17488
Credits immagine: ESA/ATG medialab