Stiamo consumando più acqua dolce di quanto dovremmo? Si, almeno secondo uno studio pubblicato su Science, che per la prima volta tiene anche conto di fenomeno quali l’evapotraspirazione, ossia della quantità di acqua che passa dal terreno all’aria, sotto forma di vapore, e ruscellamento, ossia il fenomeno di scorrimento delle acque piovane sulla superficie del terreno una volta superata la sua capacità di infiltrazione.
Gli scienziati si occupano di studiare questo problema da anni, soprattutto per cercare di capire come l’utilizzo dell’acqua da parte degli esseri umani abbia conseguenze, per esempio, sulla frammentazione dei fiumi e sulle loro deviazioni. Solo di recente, tuttavia, anche fattori inizialmente considerati meno importanti, come appunto l’evapotraspirazione, hanno assunto un ruolo più evidente.
Fernando Jaramillo e il suo team si sono occupati di studiare se le strategie di water management (ad esempio la costruzione di dighe o i sistemi di irrigazione) stiano influenzando il rapporto evapotraspirazione/precipitazioni. Grazie a dati presenti in letteratura, essi hanno studiato i cambiamenti fisici di 100 diversi bacini d’acqua in due periodi, tra il 1901 e il 1954 e tra il 1955 e il 2008. Dai modelli creati hanno ottenuto risultati che rivelano un significativo aumento del fenomeno dell’evapotraspirazione nel periodo più recente, assieme a una diminuzione del ruscellamento. Questo, secondo i ricercatori, probabilmente a causa dell’utilizzo locale dell’acqua. Test effettuati su altre variabili, come per esempio la posizione geografica dei bacini o i cambiamenti climatici, hanno infatti mostrato la minore influenza di questi fattori rispetto all’utilizzo umano.
Non solo: secondo lo studio questi cambiamenti locali indotti dalla presenza umana avrebbero importanti conseguenze a livello globale, aumentando il consumo di acqua dolce di oltre 3500 km3 all’anno, il 18% in più delle stime recenti relative all’impronta dell’umanità sull’acqua. Una cifra, secondo gli scienziati, decisamente insostenibile da parte del pianeta.
Riferimenti: Science doi: 10.1126/science.aad1010
Credits immagine: Nick Fedele/Flickr CC