La Liberia è stata dichiarata libera da ebola dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Un passo che aveva segnato la fine della drammatica epidemia in Africa occidentale costata la vita a oltre 11mila persone. Il 14 gennaio infatti, scrivevano dall’Oms, era stato il primo giorno in due anni dallo scoppio dell’epidemia due anni fa, che tutti i tre paesi – Guinea, Liberia e Sierra Leone – non hanno segnalato nessun caso per 42 giorni consecutivi. Questo tempo infatti è quello necessario per dichiarare un paese libero da ebola con la fine della trasmissione attiva del virus, e corrisponde a due volte il periodo massimo di incubazione del virus (di 21 giorni). Il 15 gennaio, però, è stata segnalata la morte per ebola di una donna in Sierra Leone, confermando le cautele dell’Oms nel dichiarare terminata l’epidemia.
La Liberia aveva raggiunto la Guinea, dichiarata ebola free alla fine di dicembre e la Sierra Leone, dichiarata ebola free a novembre prima del decesso appena avvenuto.
La fine della trasmissione attiva del virus non significava infatti che il virus fosse scomparso. Anche la stessa Liberia, nel corso dell’epidemia, è stata dichiarata già due volte senza ebola, prima a maggio poi di nuovo a settembre, ma il virus è riemerso, a giugno e di nuovo novembre. Questo, come sottolineato anche con cautela dall’Oms, ribadisce l’importanza di mantenere elevatala la sorveglianza, perché si potrebbero avere nuovi flare-up del virus, anzi sono piuttosto probabili come abbiamo visto. Dovuti anche alla persistenza del virus all’interno dei sopravvissuti. Infatti sappiamo che il virus può rimanere nel liquido seminale anche fino a un anno in alcuni casi.
“Adesso siamo in un periodo critico dell’epidemia di ebola, dal momento che stiamo passando dalla gestione dei casi e dei pazienti al controllo del rischio residuo di nuove infezioni”, ha commnetato Bruce Aylward, specialista dell’Oms per ebola: “Il rischio della re-introduzione delle infezioni sta diminuendo man mano che il virus scompare gradualmente dai sopravvissuti, ma possiamo prevedere dei flare-up e dobbiamo prepararci. Serve uno sforzo enorme per assicurare prevenzione, sorveglianza e adeguate risposte in tutti e tre i paesi entro la fine di marzo”.
(Articolo aggiornato il 15 gennaio 2016)
Via: Wired.it
Credits immagine: EU Humanitarian Aid and Civil Protection/Flickr CC