Tutto quello che c’è da sapere sulle onde gravitazionali

Strane voci, negli ultimi mesi, circolano tra i fisici teorici. Si scambiano pizzini, informazioni criptate, notizie dette a mezza voce, perse, riprese, riperse. Ma le due parole che corrono di bocca in bocca sono sempre le stesse. Onde gravitazionali. La ragione di tanto mistero – e tanto fanatismo – è estremamente semplice: da quando, tre anni e mezzo fa, è stato risolto l’affaire Higgs, l’identificazione delle onde gravitazionali resta una delle più grandi e irrisolte sfide della fisica fondamentale. Previste esattamente un secolo fa da Albert Einstein, infatti, le onde gravitazionali sono sempre sfuggite agli occhi indiscreti dei fisici sperimentali di tutto il mondo, che le vanno spasmodicamente cercando con strumenti sempre più raffinati.

L’inseguimento, ora, potrebbe essere vicino al suo epilogo. Sembrerebbe, e sottolineiamo sembrerebbe, che i fisici dello Advanced Laser Interferometer Gratitational-wave Observatory (aLigo) abbiano rilevato, per la prima volthttps://youtu.be/4GbWfNHtHRga al mondo, il segnale di un’onda gravitazionale.

Il condizionale, in attesa della pubblicazione dei risultati dell’esperimento, è d’obbligo: la notizia ha preso a circolare, infatti, a seguito di una dichiarazione ufficiosa di Lawrence Krauss, fisico della Arizona State University. Aspettando di sapere quanto ci sia di concreto, tanto per rincarare la dose, sono cominciate le manovre di Lisa Pathfinder, la sonda Esa decollata a dicembre scorso che dovrebbe intercettare le onde gravitazionali che viaggiano nello Spazio. Mentre i fisici si struggono nell’attesa, vi proponiamo il nostro bignamino con tutto quello che è necessario sapere sull’argomento.

Che cosa sono le onde gravitazionali?
Cominciamo dalla parte più difficile. Il 25 novembre 2015, Albert Einstein presentò all’Accademia prussiana delle scienze una equazione di campo che legava tra loro, in modo (apparentemente) bizzarro, la velocità della luce, la forza gravitazionale e la geometria dello spazio-tempo (cioè la struttura del tessuto a quattro dimensioni, tre spaziali e una temporale, per l’appunto, di cui sembra essere composto il nostro Universo).

Secondo tale equazione, che è il nocciolo della teoria della relatività generale,  la forza gravitazionale altro non è se non la manifestazione della curvatura dello spazio-tempo, causata dalle masse che vi sono appoggiate, come se questo fosse un foglio di gomma (i fisici teorici perdoneranno il paragone troppo semplificato).

Dal punto di vista matematico, le onde gravitazionali sono un’entità che discende direttamente dalle equazioni di Einstein. Fisicamente, possiamo immaginarle come una perturbazione che si propaga nello spazio-tempo, modificandone la struttura. Proprio come un’onda che si genera e si propaga in uno specchio d’acqua, modificandone pressione e densità, o come un’onda elettromagnetica, che modifica il valore del campo elettromagnetico nello Spazio

In base alla teoria di Einstein, ogni corpo dotato di massa (una stella o un buco nero, per esempio) emette una sorta di radiazione gravitazionale, che si propaga, per l’appunto, sotto forma di onde gravitazionali. Per essere ancora più precisi, le onde gravitazionali sono prodotte ogni volta che c’è una massa in accelerazione (per esempio un sistema binario di stelle in rotazione), che cambia la struttura locale dello spazio-tempo. L’avevamo anticipato: la materia è tutt’altro che semplice e intuitiva.

Perché è così difficile trovare le onde gravitazionali?
Per diversi motivi. Il principale è che la forza di gravità è enormemente più debole delle altre forze (elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole), e dunque, perché produca effetti misurabili, bisogna analizzare corpi realmente molto massivi e che si stiano muovendo molto velocemente (per esempio una coppia di stelle di neutroni, o due buchi neri in rotazione, o una combinazione di questi); anche in questo caso, gli effetti prodotti dalle onde gravitazionali sono spesso sepolti – e indistinguibili – sotto una coltre di rumore statistico difficile da separare dal segnale vero e proprio.

A complicare ulteriormente le cose, però, c’è un altro fattore. Il cosiddetto principio di equivalenza: le onde gravitazionali, come abbiamo visto, sono la propagazione di perturbazioni dello spazio-tempo. Ma, dal momento che noi stessi viviamo nello spazio-tempo, qualsiasi strumento utilizzassimo per la misurazione sarebbe soggetto alla stessa perturbazione, che, dunque, sarebbe non rilevabile.

Più semplicemente: immaginiamo che le nostre masse siano due punti disegnati su un foglio. Le onde gravitazionali, modificando la curvatura del foglio, modificherebbero anche la distanza dei punti; ma noi non potremmo accorgercene perché anche il righello con cui misureremmo questa distanza sarebbe distorto. Per uscire dall’impasse, i fisici si servono dell’unico righello che non avverte la distorsione dello spazio-tempo: la velocità della luce. Che è sempre noiosamente costante e uguale a 300mila chilometri al secondo e, in virtù di questo, permette di capire se lo spazio(-tempo) tra due punti si è deformato o meno.

È proprio questo il principio sfruttato, tra gli altri, da esperimenti come aLigo e Lisa Pathfinder, che si servono di interferometri (strumenti che misurano la discrepanza nel cammino di due raggi di luce) per rivelare le onde gravitazionali.

Chi sta cercando le onde gravitazionali?
Data l’entità della posta in gioco (un Nobel quasi certo e la possibilità di scrivere un nuovo capitolo nel libro della fisica moderna), sono molti gli esperimenti attualmente in corso per identificare le sfuggentissime onde gravitazionali. Anzitutto, il già citato aLigo, l’interferometro del Massachusetts Institute of Technology su cui oggi sono puntati gli occhi dei fisici di tutto il mondo.

Ma anche la sonda Esa Lisa Pathfinder, decollata a dicembre scorso, che proverà a misurare le onde gravitazionali con un interferometro laser che riesce a misurare una discrepanza dell’ordine di 0,01 nanometri su 40 centimetri.

Altri esperimenti, in ordine sparso: Virgo, grande interferometro alle porte di Pisa; Einstein@Home, un progetto di calcolo distribuito per l’analisi dei segnali provenienti dallo Spazio; Clio, prototipo di un interferometro criogenico posto a 1000 metri di profondità nella prefettura di Gifu, in Giappone.

Cosa abbiamo trovato finora?
Al momento, purtroppo, abbiamo quasi solo conferme indirette dell’emissione e dell’esistenza di onde gravitazionali. Una di queste è la pulsar binaria Psr1913+16, che emette impulsi radio molto regolari, il cui tempo di arrivo sulla terra può essere misurato con estrema precisione: il fenomeno è in accordo con quanto previsto dalla teoria dell’irraggiamento gravitazionale

A marzo 2014 un’équipe dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics dichiarò di aver individuato “la prima immagine diretta delle onde gravitazionali”, ma a settembre dello stesso anno arrivò la smentita dell’Esa, grazie alle osservazioni del satellite Planck: si trattava, con ogni probabilità, di segnali prodotti dalla polvere galattica. Ma tra non molto le cose potrebbero cambiare.

Via: Wired.it
Credits immagine: Esa/Planck

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