C’era una volta un animale pesante due tonnellate, grande come un’utilitaria, dal corpo corazzato e con una coda a forma di mazza chiodata. Il bestione poco raccomandabile che viveva sulla Terra circa 35 milioni di anni fa si chiamava gliptodonte ed è sempre stato considerato un parente del moderno armadillo, anche se ne mancavano le prove. Ora, grazie all’analisi del dna mitocondriale estratto da un fossile, è stato possibile confermare con certezza questa teoria, racconta un paper su Current Biology.
Il gliptodonte, insomma, era di fatto un armadillo, anche se di dimensioni spropositate, che ha condiviso un antenato con gli animali moderni. La sua linea evolutiva è però finita su un binario morto che lo ha portato a scomparire dalla faccia della Terra. Per arrivare a estrarre proprio la sequenza del dna che cercavano, gli scienziati hanno usato una tecnica particolare che consente di rintracciare una specifica sequenza genetica da un campione che ne contiene molte altre. Per farlo hanno utilizzato una sorta di “esca” a base di rna codificata partendo dal dna di animali viventi imparentati con il gliptodonte.
L’analisi genetica che ha chiarito la parentela ha anche dato la prova di uno straordinario fenomeno di accrescimento della mole del gliptodonte. I ricercatori hanno infatti stimato che l’ultimo antenato in comune con il moderno armadillo pesava circa 6 chili. Con il susseguirsi delle generazioni il gliptodonte è riuscito a raggiungere le due tonnellate durante il pleistocene, per poi scomparire alla fine dell’ultima era glaciale.
Riferimenti: Current Biology DOI: http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2016.01.039