Un genocidio. È ciò che l’Isis ha compiuto nei confronti degli Yazidi, antico gruppo etnico e religioso che da secoli abita nel nord dell’Iraq. Oggi a stabilirne la più esatta portata è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS Medicine e condotto da quattro ricercatori. Si parla di oltre tremila persone uccise, più di seimila quelle rapite. Per un totale di circa novemila vittime, il 2.5 percento di tutta la popolazione yazida del Sinjar (circa 400mila persone), cittadina dell’Iraq nordoccidentale dove è avvenuto l’episodio.
La ricerca ha preso in esame le testimonianze di 1300 yazidi, raccolte tra il novembre e il dicembre 2015 nei campi profughi del Kurdistan iracheno, dove hanno trovato riparo circa 200mila yazidi dei 300mila che oggi vivono in questa regione. Gli intervistati hanno riportato le storie di membri della famiglia che sono stati uccisi o rapiti dall’Isis e poi schiavizzati. “Con questo lavoro speriamo di fornire evidenze robuste su ciò che è accaduto nel momento in cui l’episodio verrà processato da un tribunale internazionale”, spiega a Galileo Valeria Cetorelli, demografa italiana, e autrice principale dello studio. “Inoltre, vogliamo sensibilizzare la comunità internazionale sulle sorti degli yazidi. Attualmente, la maggior parte di loro vive nei campi per rifugiati”.
È il 3 agosto del 2014 quando i miliziani del sedicente Stato islamico attaccano Sinjar, costringendo gli abitanti a rifugiarsi sull’omonimo monte. Qui gli yazidi sono assediati per giorni. Vengono bruciati vivi, lasciati morire di fame e di sete. “Sono storie terribili e molto simili tra loro per via della sistematicità dell’attacco – prosegue Cetorelli -. Uomini, donne e bambini sono stati presi di mira indiscriminatamente. Molte persone sono morte sul monte per mancanza di acqua e cibo. E si tratta, per lo più, di ragazzi al di sotto dei 15 anni. Anche di bambini molto piccoli”. Analizzando i racconti collezionati, gli studiosi sono riusciti a stabilire la cifra delle vittime: 9,900 gli yazidi uccisi o rapiti (con un margine d’errore che va dalle 7mila alle 13,900 persone); di cui 3,100 gli uccisi; 6,800 presi in ostaggio. Di più di un terzo di questi ultimi non si conoscono ancora le sorti. Alcuni sono stati ridotti in schiavitù sessuale e forzatamente convertiti, altri torturati, alcuni potrebbero non avercela fatta.
I dati sembrano confermare informazioni approssimative già fornite dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, sostiene Cetorelli. E, nonostante facciano già impressione, è molto plausibile che si tratti di stime al ribasso dato che non si conosce il numero esatto della popolazione yazida al momento dell’attacco. La ricerca non tiene poi conto delle famiglie in cui non è rimasto alcun superstite e si limita ai campi profughi. Inoltre c’è da considerare che “i numeri servono solo a documentare la tragicità dell’evento”, conclude la studiosa. “Ma dietro di loro ci sono delle storie. Che non è stato facile ascoltare”.
Riferimenti: PLOS Medicine