Le montagne himalayane sono uno dei luoghi più affascinanti e inospitali del pianeta, e richiedono a chiunque la voglia affrontare mesi di allenamento e preparazione. Ma un piccolo gruppo etnico originario del Tibet possiede una capacità così straordinaria di resistere alle condizioni estreme in alta quota che il loro nome, Sherpa, viene comunemente utilizzato per descrivere i più eccezionali accompagnatori nelle spedizioni in montagna. Secondo uno studio pubblicato su Pnas, gli Sherpa hanno caratteristiche genetiche e metaboliche che li rendono scalatori di straordinaria resistenza.
Una delle maggiori sfide per il corpo umano in alta quota è la scarsità di ossigeno. Anche se, come spiega Mike Grocott, a capo del progetto Xtreme Everest di cui questo studio fa parte, “la mancanza di ossigeno può essere vista come un rischio professionale per alpinisti, è un fattore che comunemente mette a rischio la vita dei pazienti nelle unità di terapia intensiva”. La diminuzione dei livelli di ossigeno nei tessuti è infatti una complicanza associata a malattie come l’insufficienza cardiaca, le malattie polmonari, l’anemia e molti tumori. Studiare le caratteristiche delle popolazioni che hanno sviluppato una grande capacità di tollerare l’ipossia potrebbe aiutare a sviluppare delle cure per questi pazienti e aiutarli a superare questa condizione potenzialmente letale.
Per chi è abituato a vivere a bassa quota, l’altitudine può causare il cosiddetto “mal di montagna”, dovuto al fatto che il nostro corpo impiega un certo tempo per acclimatarsi alle nuove condizioni. Uno dei modi in cui il nostro corpo prova a compensare la mancanza di ossigeno è quello di produrre più globuli rossi. Il sangue però diventa più denso, scorre lentamente e può formare coaguli più facilmente.
I ricercatori hanno analizzato il sangue e i muscoli di Sherpa e di persone provenienti da basse quote nel corso di una scalata al monte Everest. Hanno scoperto che gli Sherpa producono meno globuli rossi rispetto agli altri, ma che il loro sangue contiene maggiori quantità di ossido nitrico, una sostanza necessaria a mantenere i vasi dilatati per garantire il flusso sanguigno. Gli Sherpa hanno anche minori livelli di stress ossidativo nei loro tessuti dopo lunghe camminate in alta quota e i loro mitocondri, organelli funzionano da piccole centrali elettriche nelle nostre cellule, sono più efficienti nella produzione di energia. Mentre per gli altri partecipanti allo studio sono state osservate grandi variazioni nel metabolismo in risposta al cambiamento di altitudine, gli Sherpa mostrano gli adattamenti alla scarsità di ossigeno anche quando si trovano a bassa quota.
Secondo studi archeologici, è da almeno seimila anni che esistono insediamenti stabili sugli altipiani tibetani. Questo arco di tempo potrebbe essere stato sufficiente per le popolazioni locali per evolvere le caratteristiche genetiche e metaboliche che li rendono più adatti a sopravvivere in queste regioni. “Gli Sherpa hanno vissuto per migliaia di anni ad alta quota, per cui non dovrebbe sorprendere il fatto che si siano adattati per diventare più efficienti a usare l’ossigeno e a produrre energia. Se proveniamo da paesi in bassa quota e ci troviamo ad elevate altitudini, il nostro corpo deve adattarsi per diventare più simile agli Sherpa, anche se non c’è paragone tra la nostra efficienza e la loro”.
Riferimenti: Pnas