Antibiotici, ma con giudizio. Un monito che arriva dall’Organizzazione mondiale della sanità (Who), che anche quest’anno ha organizzato la Settimana mondiale della consapevolezza sugli antibiotici (World Antibiotics Awareness Week), con lo scopo di promuovere, per l’appunto, l’utilizzo più ragionato e cosciente possibile di uno strumento terapeutico al tempo stesso potente e pericoloso – e il cui consumo è spesso abusato. Il motto di quest’anno è un mantra su cui gli esperti battono da tempo: “Consultati con il tuo medico prima di assumere antibiotici”, dal momento che, per l’appunto, l’abuso o l’uso scorretto degli antibiotici rappresenta un problema non indifferente sia per la salute individuale che per quella pubblica – è il dibattutissimo tema dell’antibiotico-resistenza. Abbiamo provato a mettere insieme i miti, i luoghi comuni e le domande più frequenti relative agli antibiotici: di seguito il nostro piccolo vademecum.
1. Non trattano le infezioni virali
Potrebbe sembrare un’informazione ovvia. Ma non lo è, tanto che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità è tornata a ribadirlo e che, per esempio, uno studio condotto nel 2012 ha svelato che un americano su tre è convinto che gli antibiotici siano efficaci contro il raffreddore. In verità, gli antibiotici funzionano solo e soltanto contro le infezioni batteriche, e sono del tutto inefficaci contro le infezioni virali, come, per esempio, influenza e raffreddore).
2. Gli antibiotici non distinguono tra batteri buoni e cattivi
Non tutti i batteri fanno male. Il microbiota, per esempio, l’insieme delle migliaia di specie microscopiche che ospitiamo nel nostro organismo, svolge ruoli fondamentali per la salute, funzionando da barriera contro i patogeni, regolando l’assorbimento dei nutrienti, la produzione di vitamine ed energia e le difese immunitarie. L’uso continuo di antibiotici, specie se non necessario e specie quando si tratta di farmaci “ad ampio spettro” – quelli meno specifici, che non si limitano a eliminare selettivamente uno o più ceppi di batteri – può danneggiare gravemente il microbioma. Uno studio pubblicato nel 2013 sul Journal of Antimicrobial Chemotherapy ha svelato che i medici sembrano essere particolarmente propensi a prescrivere antibiotici ad ampio spettro in particolare per infezioni del tratto respiratorio, urinario e della pelle: gli autori del lavoro hanno osservato che in molti casi sarebbe stato possibile adoperare farmaci specifici, con risultati migliori e meno effetti collaterali.
3. Finire il ciclo, sì o no?
Uno dei mantra più diffusi, relativamente all’uso degli antibiotici, è che ogni ciclo si debba assolutamente portare a termine, pena l’inefficacia del trattamento: anche se i sintomi dell’infezione migliorano, infatti, interrompendo l’assunzione prima del previsto i batteri superstiti potrebbero continuare a replicarsi, con conseguenti recidive o ricadute. Almeno questo è quello che dicono le linee guida del Nhs.
Ma, in realtà, c’è anche chi la pensa diversamente: stando a uno studio pubblicato sul British Medical Journal e a diverse altre recenti evidenze, sembra che il mantra debba trasformarsi inShorter is better – “Meno ne prendi, meglio è”. Tali studi sembrano mostrare che terapie di durata minore possono avere la stessa efficacia di terapie più lunghe con meno ripercussioni in termini di antibiotico-resistenza; per questo, l’invito è a consultarsi periodicamente con il proprio medico, tenendolo aggiornato sull’andamento dei sintomi e sul regresso dell’infezione, per dargli modo di valutare se la terapia può essere interrotta prima del previsto.
4. Antibiotico-resistenza e uso inappropriato degli antibiotici
Eccoci arrivati al tema più scottante e delicato, quello dell’antibiotico-resistenza. Di cosa si tratta? È ancora l’Organizzazione Mondiale della Sanità a chiarirci le idee. Per antibiotico-resistenza, o, più in generale, antimicrobico-resistenza si intende “l’abilità di un microrganismo (batterio, virus o parassita) di azzerare l’efficacia di un agente antimicrobico (antibiotico, antivirale o antimalarico)”.
Si tratta di un fenomeno evolutivo del tutto naturale: quando i microrganismi sono esposti a un antimicrobico, la maggior parte di essi soccombe, mentre i pochi portatori di geni che li rendono immuni all’antimicrobico sopravvivono e passano tale resistenza alla propria prole. È proprio questo il motivo per cui bisogna evitare l’uso inappropriato (in particolare improprio, come nel caso di infezioni virali, o in dosaggi diversi da quelli raccomandati) di antibiotici: ogni volta che una comunità batterica viene a contatto con un antibiotico, si promuove implicitamente la sopravvivenza dei suoi ceppi più forti. Un meccanismo che, a lungo termine, potrebbe portare alla completa inefficacia di tutti i trattamenti antibiotici al momento disponibili.
5. Un’emergenza sanitaria mondiale
Per dare un’idea di quanto sia importante e delicato il tema dell’antibiotico-resistenza, si pensi che le Nazioni Unite, nel settembre 2016, hanno indetto una riunione plenaria sul tema, da cui è emerso che la resistenza agli antibiotici è ormai un problema sanitario mondiale, alla stregua per esempio di Aids, malattie cardiovascolari ed ebola.
Le Nazioni Unite, in particolare, hanno riconosciuto che l’antibiotico-resistenza sta fortemente minando l’efficacia di alcuni pilastri della medicina moderna, tra cui la stessa penicillina, dichiarandosi pronte a firmare una dichiarazione con nuove linee guida sull’uso e la vendita di questi farmaci.
6. Anche i medici hanno le loro colpe
“Consultati con il tuo medico prima di assumere antibiotici” è lo slogan di quest’edizione della Settimana Mondiale della Consapevolezza sugli Antibiotici. Giustissimo, ma per dovere d’informazione dobbiamo notare che, purtroppo, anche i medici non sono esenti da errori. Uno studio canadese, pubblicato nel 2007, per esempio, ha svelato che medici che esercitano la professione da più tempo o che sono molto occupati tendono a cadere in errore più degli altri, prescrivendo antibiotici anche quando non è necessario. In particolare, svela lo studio, i medici che visitano 34 o più pazienti ogni giorno hanno una probabilità dal 20% al 27% più alta degli altri di prescrivere antibiotici in modo non appropriato; inoltre, ogni anno di pratica aggiunge un 4% al tasso di prescrizioni inappropriate.
7. Quando sono stati inventati?
Prima di quanto possiate immaginare. Sebbene il primo uso clinico di un antibiotico sicuro ed efficace sia da datare al 1931, anno di sintesi del prontosil, chemioterapico antibatterico messo a punto dagli scienziati della Bayer, in Germania, l’ingresso degli antibiotici nella storia della vita sulla Terra è molto precedente. Diversi studi, infatti, hanno svelato che alcune specie di batteri avevano inventato gli antibiotici (e un meccanismo di antibiotico-resistenza) già 2 miliardi di anni fa.
I batteri, in particolare, erano in grado di sintetizzare antibiotici e di sviluppare resistenze per eliminare le specie concorrenti e per difendersi da esse. Uno studio del 2012, per esempio, condotto sulla base dell’analisi di una formazione geologica rinvenuta nelle Carlsbad Caverns, nel New Mexico, ha mostrato che i batteri rinvenuti sulle pareti delle caverne (datati a circa 4 milioni di anni fa) erano già resistenti a molti degli antibiotici moderni sintetizzati tra gli anni sessanta e gli anni ottanta.
8. L’antibiotico-resistenza è inevitabile?
Come abbiamo visto, l’antibiotico-resistenza è un (antichissimo) meccanismo evolutivo di difesa dei batteri. Questo, però, non deve far pensare che non sia in qualche modo controllabile dall’esterno. Tutt’altro (ed è proprio questo uno dei motivi per cui è stata istituita la Settimana mondiale della consapevolezza sugli antibiotici): per limitare l’antibiotico-resistenza, i Center for Disease Control and Prevention (Cdc) statunitensi raccomandano, per esempio, di “assumere antibiotici nell’esatta misura prescritta dai medici, non assumere antibiotici rimasti da cicli incompleti precedenti, non chiedere di propria spontanea volontà la prescrizione di antibiotici”. Molto, inoltre, si può fare dal lato della prevenzione, cercando di evitare l’insorgenza di infezioni stando attenti all’igiene personale e sottoponendosi alle vaccinazioni raccomandate.
9. Non solo pillole
Gli antibiotici non sono solo quelli prescritti dal medico. Se ne trovano anche, talvolta, in alcuni prodotti per l’igiene personalee per la pulizia della casa. Gli effetti collaterali dell’utilizzo di questi prodotti, spesso entusiasticamente pubblicizzati per la loro capacità di uccidere “il 99% dei batteri”, sono esattamente gli stessi di quelli dell’utilizzo degli antibiotici che si spacciano in farmacia. Ossia l’accelerazione dell’antibiotico-resistenza: uno studio della Tuft University School of Medicine, per esempio, ha evidenziato come i prodotti antibatterici usati per la pulizia della casa lasciano sulle superfici di mobili e pavimenti uno strato di antibiotici attivi che innesca lo sviluppo di meccanismi di difesa da parte di piccole sottopopolazioni di batteri. Fenomeno che, a lungo andare e su scale temporali medio-lunghe, come abbiamo visto, porta alla proliferazione di ceppi contro i quali gli antibiotici sono del tutto inefficaci.
10. E negli allevamenti?
Numeri alla mano, l’abuso di antimicrobici si registra soprattutto negli allevamenti intensivi, dove il consumo di questi prodotti è almeno il triplo rispetto a quello relativo agli esseri umani. Negli Stati Uniti, per esempio, otto antibiotici su dieci vengono somministrati su animali. Uno studio recentemente pubblicato su Science ha stimato che le cifre, purtroppo, sono destinate a crescere: l’utilizzo di antibiotici negli allevamenti intensivi potrebbe aumentare a livello mondiale del 53% entro il 2030, per un totale di 200mila tonnellate. Anche l’Italia non se la passa troppo bene: stando a un report di Legambiente, infatti, nel nostro paese si somministrano agli animali il 71% di tutti gli antibiotici venduti. Siamo terzi solo a Spagna e Cipro e precediamo di gran lunga Francia e Regno Unito: cifre che dovrebbero farci pensare, anche alla luce del fatto che attualmente, ogni anno, 25mila persone in Europa muoiono a causa di infezioni resistenti agli antibiotici.
Via: Wired.it