Con l’espansione esponenziale dell’offerta – tra bar, sale vlt e web – il gioco d’azzardo si sta trasformando in un comportamento sempre più diffuso e problematico. Per un numero crescente di persone il gioco d’azzardo si rivela un’autentica dipendenza. Nel nostro paese, per il disturbo da gioco d’azzardo sono oggi in trattamento circa 15.000 persone, ma si stima un numero di 800.000 giocatori problematici.
L’approccio più utilizzato per aiutare questi individui è la terapia cognitivo comportamentale, una strategia efficace per altri disturbi, ma che nei confronti disturbo da gioco d’azzardo patologico mostra ancora importanti limiti: in particolare, l’alto tasso di ricadute e di abbandoni della terapia da parte dei pazienti. Una possibile alternativa è la cosiddetta cognitive remediation therapy, la terapia di riabilitazione cognitiva, una strategia sviluppata per il trattamento della schizofrenia che punta a migliorare alcune capacità neuro-cognitive come attenzione, memoria di lavoro, flessibilità cognitiva. In un lavoro di analisi sistematica della letteratura sul tema, un gruppo di ricercatori dell’Università di Nantes ha valutato l’efficacia di questo approccio terapeutico sulle pagine della rivista Frontiers in Psychology, dimostrando che si tratta di un approccio promettente per il trattamento del gioco d’azzardo patologico, ma ancora poco studiato.
Come sottolineano gli autori, la scarsa efficacia degli interventi cognitivo comportamentali sui giocatori d’azzardo patologici sembra dipendere dalla relativa resistenza al cambiamento di alcune caratteristiche cognitive chiave, come l’attenzione, la regolazione delle emozioni, il controllo volontario del comportamento.
Cos’è la terapia di riabilitazione cognitiva
La terapia di riabilitazione cognitiva, la cognitive remediation therapy, è indirizzata elettivamente a queste funzioni neurocognitive. La sua efficacia nel trattamento delle dipendenze sembra legata al fatto che i training di riabilitazione cognitiva allenano e potenziano i meccanismi del controllo cognitivo, della regolazione dell’impulsività e dell’automaticità, che sono i principali determinanti nel discontrollo proprio di tutte le forme di dipendenza. Tra l’altro la riabilitazione cognitiva nel disturbo da gioco d’azzardo potrebbe contribuire alla riduzione delle distorsioni cognitive che caratterizza il modo di processare gli stimoli e le decisioni del giocatore d’azzardo problematico. Per questo argomento si veda questo post specifico.
La cognitive remediation therapy è un insieme di tecniche e metodi piuttosto diversi caratterizzato da tre approcci principali. Il primo, definito approccio compensatorio/strategy based, si basa su esercizi cognitivi mirati all’apprendimento di nuove capacità che il soggetto può facilmente mettere in pratica nella sua vita quotidiana e cerca di reclutare processi cognitivi ancora intatti per bypassare eventuali deficit. Allo stesso tempo questo approccio punta a modificare l’ambiente in cui vive il paziente per aumentarne le probabilità di adattamento funzionale.
Un secondo approccio viene invece definito ristorativo, e si basa sull’ipotesi che i miglioramenti in ambito cognitivo siano mediati dalla neuroplasticità, la capacità del cervello di plasmarsi e modificarsi in funzione dell’esposizioni a stimoli e all’esercizio. Solitamente consiste in compiti che vengono svolti con l’ausilio di un computer, e punta a migliorare i difetti cognitivi attraverso lo svolgimento di esercizi ripetuti più e più volte con difficoltà crescente.
Il terzo approccio è quello cognitivo-sociale, un indirizzo terapeutico sviluppato per il trattamento dei disturbi della cognizione sociale, del rapporto con gli altri, caratteristico dei pazienti schizofrenici. Questo approccio si concentra sul miglioramento della capacità di mentalizzare l’altro, di riconoscere la prospettiva degli altri, usando soprattutto il training al riconoscimento delle espressioni emotive.
Nella loro analisi sistematica gli studiosi dell’Università di Nantes hanno effettuato due diverse ricerche nei database scientifici. La prima per gli studi che mettessero in luce quali processi neurocognitivi compromessi nel disturbo da gioco d’azzardo potrebbero essere modificati dalle cognitive remediation therapy. La seconda ricerca invece sugli studi che avessero valutato l’efficacia di questi interventi direttamente su persone con una diagnosi di disturbo da gioco d’azzardo.
La prima delle due linee di ricerca ha portato a identificare 50 studi pubblicati, ma quasi tutti effettuati su un numero limitato di pazienti, e di cui solamente una svolta con un disegno di tipo longitudinale (cioè con un monitoraggio protratto nel tempo). Solo l’approccio longitudinale infatti permette di analizzare non solo quali processi cognitivi sono compromessi nei giocatori d’azzardo patologici, ma anche quali di queste compromissioni possono essere considerate fattori di rischio neurocognitivi per eventuali ricadute.
I sistemi cerebrali implicati nel disturbo da gioco d’azzardo
Dalle ricerche analizzate, gli autori dell’analisi sistematica ritengono che le conoscenze disponibili sulle basi neurocognitive del gioco d’azzardo patologico permettano comunque di identificare il coinvolgimento di tre sistemi neurali:
1) un sistema impulsivo, che nei soggetti dipendenti risulta iperattivo, spinto da impulsi motivazionali che tendono a sfuggire al controllo cognitivo;
2) un sistema riflessivo, quello dei controlli cognitivi e dei processi decisionali, che fornisce una supervisione e una regolazione cosciente e volontaria dei comportamenti, che risulta invece ipoattivo nei giocatori problematici;
3) un sistema interocettivo, che monitora i correlati, somatici, fisiologici, viscerali delle percezioni, delle emozioni, dei processi cognitivi e li traduce in vissuto soggettivo: un vissuto che diventa una forza motivazionale ed entra conseguentemente nella computazione affettiva/cognitiva alla base delle decisioni, della messa in atto o dell’inibizione di un impulso, di comportamento appetitivo o consumatorio. Questo sistema risulta parzialmente compromesso nei soggetti dipendenti.
Dal punto di vista teorico, i diversi training della cognitive remediation therapy sarebbero in grado di agire efficacemente sugli scompensi associati al gioco d’azzardo in tutti e tre questi sistemi. Tuttavia, ad oggi esiste un solo lavoro pubblicato sulla valutazione dell’efficacia di questa terapia sul disturbo da gioco d’azzardo.
Nei prossimi anni sarà quindi importante promuovere ricerche che sperimentino in un setting clinico l’efficacia delle terapie di cognitive remediation sul gioco d’azzardo patologico. Solo così sarà possibile identificare i pazienti su cui queste tecniche hanno maggiore probabilità di riuscita, quali approcci terapeutici, tra quelli disponibili, siano più efficaci, e con quali modalità, tempistiche, frequenza e durata vadano eseguiti.
Stefano Canali e Simone Valesini
Per approfondimenti:
Cognitive Remediation Interventions for Gambling Disorder: A Systematic Review; Gaëlle Challet-Bouju, et. Al.; Front Psychol. 2017; 8: 1961. doi: 10.3389/fpsyg.2017.01961