La guerra in Siria non accenna a placarsi. Come sempre, a farne le spese è la popolazione civile, che in questo conflitto paga un tributo particolarmente salato non solo nel corso dei combattimenti, nelle incursioni o nei bombardamenti. Sempre più vite, infatti, vengono perse per l’impossibilità di accedere all’assistenza medica di base. Perché in questa guerra senza più regole le strutture sanitarie si sono trasformate in bersagli privilegiati: secondo l’ultimo bollettino dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dall’inizio dell’anno sono stati già 67 gli attacchi confermati a ospedali e personale medico, più della metà del totale registrato nell’intero 2017. Per questo, l’Oms ha lanciato un appello a tutte le parti in causa, per chiedere di garantire la protezione del personale sanitario nelle zone coinvolte nei combattimenti, e l’apertura di un corridoio umanitario che permetta di portare assistenza medica alle popolazioni delle aree attualmente sotto attacco.
“Si tratta di una tragedia sanitaria che deve finire al più presto”, spiega il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesys. “Ogni nuovo attacco distrugge una comunità e riverbera nell’intero sistema sanitario, danneggiando infrastrutture e riducendo l’accesso alle cure mediche di base per le fasce più vulnerabili della popolazione. L’Oms chiede pertanto a tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano di interrompere immediatamente gli attacchi al personale sanitario, ai loro mezzi di trasporto e al loro equipaggiamento, agli ospedali e tutte le altre strutture sanitarie”.
Le stime più recenti d’altronde tratteggiano un bollettino inclemente: quasi 500mila vittime civili dall’inizio della guerra, più della metà della popolazione allontanata dalle proprie case o fuggita all’estero in cerca di rifugio, e circa tre milioni di persone bloccate in zone pericolose o sotto assedio. E, avverte l’Oms, sette anni di guerra civile hanno portato al collasso il sistema sanitario del paese: più di metà degli ospedali siriani ha chiuso i battenti, o riesce a garantire solamente servizi minimi, e 11 milioni di persone, tra cui 3 milioni di feriti e pazienti con gravi disabilità, si trovano oggi ad avere bisogno di un’assistenza medica che fatica ad arrivare.
Particolarmente drammatica la situazione a Ghuta Est (nei pressi di Damasco), dove quasi 400mila persone vivono sotto assedio da anni, e nelle scorse settimane si sono trovate a convivere anche con i nuovi bombardamenti lanciati dal governo siriano nel tentativo di riprendere il controllo della regione. Bombardamenti che, oltre ad aver ucciso centinaia di civili, sembrano prendere di mira con particolare frequenza ospedali e strutture sanitarie: a febbraio 25 ospedali erano stati colpiti dai missili in soli quattro giorni, alcuni più volte nell’arco di una singola giornata, come ricorda un appello lanciato sul Lancet da un gruppo di medici e attivisti per i diritti umani per chiedere un cessate il fuoco, e la creazione di un corridoio umanitario che stenta ancora ad arrivare.
A confermare l’urgenza di un’iniziativa internazionale l’Oms, ricorda come a Ghuta Est siano bloccate più di mille persone che dovrebbero essere evacuate per motivi medici, e che oltre il 70% delle provviste e del materiale medico inviate nella zona sono state rispedite al mittente dal governo di Damasco.
Donne, bambini, anziani e malati continuano a soffrire le conseguenze di una guerra che si protrae dal 2011, e la comunità internazionale appare impotente. “Le sofferenze della popolazione siriana devono cessare – conclude Tedros – chiediamo a tutte le parti che partecipano al conflitto di sospendere gli attacchi alle strutture sanitarie, per dare accesso agli ospedali a tutti i cittadini siriani in disperato bisogno di assistenza medica. Ma soprattutto, chiediamo a tutte le parti in causa di concludere, definitivamente, questo conflitto devastante”.
Riferimenti: Oms