La situazione migliora, ma c’è ancora molto da fare. Si possono riassumere così i risultati dell’ultima analisi annuale sulla raccolta differenziata dei rifiuti organici realizzata dal Cic, il Consorzio italiano compostatori. Il documento, basato sui dati provenienti dal Rapporto rifiuti urbani 2018 dell’Ispra, certifica che nel 2017 la raccolta di umido, verde e altre matrici organiche in Italia ha raggiunto i 6,6 milioni di tonnellate: un aumento inferiore a quello degli anni precedenti, ma che fa segnare comunque un più 1,6% rispetto al 2016. Risultati che confermano l’organico come la frazione più importante della differenziata italiana, ma che sottolineano anche la necessità di un maggiore impegno, specie nel Centro-Sud della penisola ancora gravato da una cronica mancanza di impianti dedicati al trattamento dei rifiuti organici. Un danno per l’ambiente e anche per l’economia: la digestione anaerobica infatti permette non soltanto di recuperare materia – il compost per usi agricoli – per ma anche energia, sotto forma di biogas.
Rifiuti organici: raccolti ogni anno 108 kg per abitante
A livello nazionale la raccolta annuale procapite di rifiuto organico si mantiene sopra i 100 kg, passando da 107 a 108 kg. Secondo l’analisi del Cic, tuttavia, c’è una discrepanza tra le diverse regioni italiane: i quantitativi maggiori di raccolta dei rifiuti organici sono quelli delle regioni settentrionali, con 127 kg/abitante per anno, seguite dal Centro con 114 kg/abitante per anno e dal Sud, con 83 kg/abitante per anno. “Bisogna continuare a lavorare soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud per raggiungere l’obiettivo di 9.150.000 tonnellate di rifiuto organico raccolte al 2025, ovvero 150 kg/ab/anno”, ha spiegato Alessandro Canovai, presidente del Cic. “Sicuramente una spinta arriverà grazie al recepimento del Pacchetto sull’Economia Circolare approvato dalla Unione Europea nel giugno 2018 e che ha imposto come obbligatoria la raccolta differenziata del rifiuto organico entro il 2023”.
La Lombardia in testa alla classifica
Dal rapporto è emerso che la regione in testa alla classifica per la quantità di rifiuti organici raccolti si conferma essere la Lombardia, con 1,2 milioni di tonnellate annue, sebbene sia stato osservato un leggero calo rispetto all’anno precedente, quando la raccolta era arrivata a 1,3 milioni di tonnellate. In calo, ma anche in questo caso stabile al secondo posto come l’anno precedente, è il Veneto con 764mila tonnellate annue. Al terzo gradino del podio c’è l’Emilia Romagna, con 708 mila tonnellate all’anno, seguita dalla Campania, con 678mila tonnellate annue. Buone notizie anche per il Lazio e la Sicilia, dove la raccolta dell’organico è aumentata rispettivamente di 27mila e 67mila tonnellate, raggiungendo così le 532 mila e le 208 mila tonnellate all’anno.
Ancora troppi pochi impianti al centro-sud
Nel 2017, gli impianti in Italia sono passati da 326 a 338, consentendo quindi di trattare circa 7,4 milioni di tonnellate (+4%) di rifiuti organici, come l’umido e il verde, ma anche altri materiali di scarto a matrice organica. “L’impiantistica dedicata al trattamento del rifiuto organico al momento è in grado di soddisfare le esigenze di produzione nazionale, tuttavia emerge una concentrazione geografica degli impianti soprattutto nel Nord Italia”, ha commentato Canovai, sottolineando come questo squilibrio tra le regioni italiane costringe il Centro e il Sud Italia a trasferire i propri rifiuti organici in altre regioni, con un enorme dispendio di denaro e anidride carbonica. “Per risolvere questo problema stiamo lavorando insieme al Ministero dell’Ambiente per delineare un percorso strategico che definisca le aree in cui mancano gli impianti e su cui intervenire con tempestività”, ha precisato l’esperto.
L’Italia punta al biometano
Inoltre, dall’analisi del Cic è emerso che nel 2017 la digestione anaerobica ha assunto un ruolo sempre più importante, riuscendo a trattare più del 50% dell’umido raccolto in forma differenziata. “Il trattamento delle frazioni organiche selezionate con la digestione anaerobica permette non soltanto di recuperare materia ma anche energia: oltre al compost, utilizzabile come fertilizzante naturale, si ottiene infatti anche il biogas, dal quale si può estrarre metano, utilizzabile per il riscaldamento, la trazione e la produzione di energia elettrica. Non solo, il biogas è composto per circa il 35% di CO2, tra i principali gas serra, che può essere anch’essa recuperata e utilizzata nella produzione industriale, per esempio, per fare bevande frizzanti. Grazie a un nuovo sistema sviluppato dall’Istituto per la tecnologia delle membrane del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Itm) di Rende (Cs) che integra le diverse fasi del processo – biodigestione, “filtraggio” del metano dal biogas – la CO2 può essere infatti “sequestrata all’origine”, evitando di disperdersi nell’ambiente.
La produzione di biometano è una filiera di potenziale sviluppo di cui il Cic si è fatto promotore: “Tra il 2017 e il 2018”, spiega Massimo Centemero, direttore del Cic, “sono entrati in funzione, primi in Italia, 8 impianti consorziati Cic (di cui 2 sperimentali) in grado di produrre biometano esclusivamente dal trattamento dei rifiuti organici della raccolta differenziata urbana e di immettere il biometano nella rete nazionale o di impiegarlo per l’autotrazione”.
I prodotti del riciclo organico
Secondo il rapporto del Cic, nel corso del 2017, dai rifiuti organici raccolti sono state prodotte quasi 2 milioni di tonnellate di compost (il 64% da compostaggio e il restante 36% da digestione anaerobica e successivo compostaggio) che hanno contribuito a stoccare nel terreno 600mila tonnellate di sostanza organica e a risparmiare 3,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno rispetto all’avvio in discarica.
“Il compost è uno strumento efficace contro erosione, impermeabilizzazione, perdita di materia organica, perdita di biodiversità e contaminazione”, sottolinea Massimo Centemero. “Promuovere le buone pratiche per la raccolta dei rifiuti organici significa anche difendere il suolo: entro il 2025 si produrrà 1 milione di tonnellate di compost in più all’anno”.
L’importanza del biowaste nell’economia
Il settore biowaste, insieme a quello del biometano, ha portato a un volume di affari pari a 1.8 miliardi di euro nel 2016. Ma non solo: i posti di lavoro generati sono stati 9.800, ovvero il 9% in più rispetto all’anno precedente, vale a dire 1,5 posti di lavoro ogni mille tonnellate di rifiuto organico. “La filiera del rifiuto organico coinvolge numerose attività, dai servizi di raccolta e trasporto, ai servizi di studio, ricerca e progettazione e delle tecnologie per il trattamento del rifiuto organico”, ha concluso Centemero. “Se la raccolta differenziata fosse a regime in tutta Italia si potrebbe arrivare a 13mila addetti e 2,56 miliardi di euro comprensivi dell’indotto generato”.
Riferimenti: Cic
Credit immagine: Massimo Centemero