A un mese dalle elezioni, martedì 2 luglio il Parlamento europeo riapre i battenti per iniziare a tradurre in azione politica il voto dei cittadini comunitari, che questa volta hanno penalizzato le tradizionali forze maggioritarie, conservatori e socialisti, premiando le destre, ma anche i liberali e, come non mai, la componente ecologista. I 751 eurodeputati devono eleggere il loro presidente e poi ratificare le scelte del Consiglio europeo per la presidenza della Commissione europea (il “governo” europeo). Ma, dopo un mese di intense trattative, a poche ore dalla riapertura dell’Europarlamento sembra non esserci ancora accordo tra le forze politiche in campo. La situazione è del tutto inedita: la coalizione di socialisti e conservatori non ha i numeri per agire da sola. “La maggioranza è risicata: hanno bisogno del nostro aiuto”, dice Reinhard Bütikofer, presidente dei Verdi europei, arrivati in Parlamento con il loro miglior risultato di sempre: quasi il 10% dei seggi. “Stiamo negoziando un programma di lavoro”, rivela a Galileo l’eurodeputato tedesco. Sui dettagli le bocche sono cucite, ma Bütikofer, la sua vice francese Gwendoline Delbos-Corfield e il segretario dei Verdi francesi David Cormand hanno accettato di rispondere alle nostre domande su come pensano di affrontare questa storica occasione per mettere l’ambiente al centro dell’agenda europea, la questione climatica ma anche gli altri temi su cui gli elettori hanno dato loro fiducia.
Un nuovo scenario
Per la prima volta, a Bruxelles l’aria è cambiata. Le destre hanno raddoppiato le presenze, arrivando a 39 seggi, circa un terzo del Parlamento europeo, e la storica maggioranza di popolari e socialisti non c’è più. Pur rimanendo il primo partito in Europa, i popolari sono crollati a 180 seggi (indeboliti in Germania) e non bastano più i loro storici alleati socialisti (152 seggi) per eleggere alla presidenza della Commissione un loro candidato. La candidatura di Manfred Weber, spietzenkandidat dei popolari – fortemente sponsorizzato dalla Merkel — non sembra riuscire ed è qui che si aprono inedite possibilità per i liberali di Alde (Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, 106 seggi) e il gruppo dei Verdi (Verdi Europei-Alleanza libera europea) che, grazie soprattutto ai grandi consensi riscossi in Germania – dove sono il secondo partito dopo la Cdu di Merkel – e in Francia, ora ha 75 seggi, 24 in più della precedente legislatura.
L’agenda verde
“Finalmente è rotto il meccanismo della cogestione automatica tecnocratica di socialisti e Ppe”, dice David Cormand, segretario dei Verts francesi che, con lo storico risultato di 3 milioni di voti e 9 seggi, nel gruppo dei verdi europei sono secondi solo ai Grünen tedeschi (che ne hanno conquistati 21). “Oggi siamo di più e quindi abbiamo più potere per chiedere: visto che tutti volete fare l’ecologia, come intendete agire? Noi siamo disponibili per costruire una tabella di marcia”.
I verdi chiedono di inserire nell’agenda di Bruxelles tre punti fondamentali: la questione climatica, con particolare attenzione all’agricoltura, le questioni sociali, a partire da un reddito minimo garantito europeo, e, infine, la revisione delle regole per rinforzare il sistema della giustizia Ue. “Non vogliamo né possiamo imporre nulla: la nostra è un’offerta in cambio di un rinnovamento delle politiche europee”, spiega Bütikofer. “Se le nostre proposte saranno accolte, siamo disposti a votare per il presidente del Parlamento e della Commissione assieme alla maggioranza”.
Ma per Cormand il cambio di rotta deve essere radicale e passa per una riforma agricola europea, la fine dei trattati di libero scambio e soprattutto un Green new deal che conduca alla transizione ecologica: “Dobbiamo cambiare l’attuale linea economica liberale dell’Unione”. Gli fa eco Delbos-Corfield: “Vanno previsti l’uscita dal carbone e l’obbligo per gli stati di rispettare l’accordo di Parigi”.
Verts, verdi e 5 stelle
Proposte che possono sembrare audaci ma che sono piaciute a tanti cittadini europei che hanno decretato il successo dei Verdi alle ultime elezioni. Un successo che, spiega Cormand, in Francia è stato favorito, da un lato, dalle promesse disattese di Macron in materia di lotta ai cambiamenti climatici, dall’altro dalla nascita del movimento dei Fridays for future guitato da Greta Thunberg. “Non è un caso se siamo il primo partito tra i giovani dai 18 ai 34 anni: la pressione democratica per l’ecologia è forte e il Parlamento dovrà tenerne conto”. E il flop in Italia? “I Verdi italiani fanno fatica a organizzarsi e ad avere un’identità forte, ma credo ci sia spazio, soprattutto tra l’elettorato che oggi vota M5s”, risponde Cormand. Fatto sta che la richiesta di adesione al gruppo verde europeo presentata dai pentastellati è stata respinta, e probabilmente resteranno senza gruppo. “All’inizio ci sembravano un movimento ecologista”, spiega Delbos–Corfield. “Ma ci siamo resi conto di non poter lavorare con loro: per noi, per esempio, non è possibile negoziare sulla pelle dei migranti”.
Crediti immagine: European Union 2019 – Source: EP