Quella del nuovo Museo delle scienze di Trento (Muse), disegnato da Renzo Piano, è stata letteralmente una partenza alla grande. L’inaugurazione del nuovo sito museale infatti è durata 24 ore, collezionando quasi 30.000 presenze, e proponendo 250 eventi tra incontri, talk show, spettacoli, concerti. Vi hanno partecipato 119 artisti, 124 volontari, e sono state 450 le persone coinvolte nell’organizzazione.
Dati alla mano il direttore Michele Lanzinger ha affermato con entusiasmo: “E’ stata una festa e il fatto che ci siano stati tanti spettacoli non è una novità per noi. Mi piace dire che questo è un museo ’pop’, aperto alle persone e ai linguaggi, assieme ai suoi contenuti scientifici. Il Muse non rientra propriamente nelle tradizionali categorie museologiche, perché combina caratteristiche tipiche di un museo di scienze naturali con elementi provenienti dall’ambito dei centri della scienza. Nel Muse questa nuova impostazione vuole arricchirsi di una forte dimensione sociale proponendosi come luogo di incontro e dialogo per i visitatori, valorizzando il territorio locale e con il ruolo di agorà in cui discutere di problematiche a rilevanza globale’’ .
Estesa su 12.000 mq la superficie del Muse è distribuita su sei livelli (quattro piani, più il piano terra e un interrato). La struttura è stata disegnata da Renzo Piano che ha adattato la sagoma dell’edificio allo skyline delle montagne circostanti. Realizzato secondo criteri di eco-compatibilità, in legno, vetro e acciaio, il nuovo museo è anche un modello di green economy, improntato al risparmio energetico, con uso di fotovoltaico, della geotermia, di materiali a km zero, in ottemperanza ai criteri LEED gold.
Una volta oltrepassato l’ingresso il visitatore è protagonista di un viaggio sensoriale offerto dal percorso della mostra permanente. Si può sentire l’aria fredda, toccare una porzione di un vero ghiacciaio alpino ricostruito in modo da poter permettere la conoscenza di elementi geologici fisicamente distanti; passeggiare in un bosco, osservare uno strano insetto oppure fissare negli occhi l’uomo di Neanderthal. E ancora ci si può immergere nelle tecniche di mappatura del Dna, ascoltare i rumori della montagna, capire l’effetto serra, stampare un oggetto in 3D.
All’interno del museo ampio spazio è dedicato anche alla biodiversità alpina, per far luce sulla formazione delle Dolomiti, ripercorrere l’arrivo delle prime comunità di cacciatori-raccoglitori e la nascita dei paesaggi. Il percorso naturalistico conta anche un racconto sull’origine della vita, per giungere, infine, alla più grande mostra di dinosauri dell’arco alpino.
Credits immagine: Gioia Marana