Il dolore non necessario

    Il 15 marzo 2010 è entrata in vigore la prima legge italiana (legge 38/2010) che regola l’accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore, per garantire assistenza e sollievo alle persone colpite da malattie gravi e inguaribili. A poco più di un anno dall’approvazione, com’è cambiato l’approccio alla terapia del dolore e il percorso terapeutico dei malati terminali? È aumentato l’uso dei farmaci oppiacei per alleviare la loro sofferenza? Cosa ne pensano medici, pazienti e familiari?

    Di questo si discuterà giovedì 14 aprile alle 14.30 alla Sissa di Trieste, in occasione del quarto appuntamento della rassegna di divulgazione scientifica organizzata dal Master in Comunicazione della Scienza.
    Massimo Allegri, anestesista al Policlinico San Matteo di Pavia, e Paolo Notaro, presidente dell’Associazione italiana per la cura della malattia dolore Nopain e responsabile della Struttura di terapia del dolore dell’ospedale Niguarda di Milano, metteranno a confronto le loro esperienze e cercheranno di fare chiarezza sui trattamenti antidolore che anche in Italia oggi stanno cercando di trovare un legittimo spazio.
    «Il dolore rappresenta un sintomo fondamentale perché ci protegge dagli stimoli esterni nocivi» precisa Allegri. «Ma quando diventa cronico il sintomo si rende autonomo rispetto alla causa che l’ha generato e il dolore stesso si trasforma in malattia». E proprio la concezione del dolore cronico come malattia è alla base della legge 38/2010, legge che riconosce l’accesso alle cure palliative e terapie del dolore come un diritto a tutela della dignità della persona. Il testo del provvedimento parla infatti di terapia del dolore come dell’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare, alle forme morbose croniche, idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate.

    In particolare, le terapie farmacologiche prevedono la somministrazione di oppiacei, ma in questo settore l’Italia è ancora indietro: i dati della Federazione Ordini Farmacisti Italiani rivelano infatti che la media europea della spesa pro-capite annua per gli oppiacei è di 4,4 euro, mentre quella italiana, pur essendo quasi raddoppiata nell’ultimo anno, è pari a 1,2 euro. Anche se la Federazione ha riscontrato un aumento del ricorso agli analgesici, passato dal 6,7% all’11,7%, con un tasso di crescita complessivo del 15%.

    Secondo Notaro questi dati sono dovuti in primo luogo alla mancanza di informazione: «Purtroppo ancora oggi mancano degli standard condivisi a livello nazionale sulla terapia del dolore. Il 50% delle persone con dolore cronico, in prevalenza di sesso femminile, si sente spesso non creduta, abbandonata e soprattutto non sa a chi rivolgersi, perché nessuno sa chi fa che cosa perfino nelle stesse strutture sanitarie».

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