Una nuova generazione di anticorpi monoclonali potrebbe rappresentare in un futuro non troppo lontano un’importante alternativa terapeutica nella lotta contro l’Hiv. Due studi pubblicati su Nature hanno infatti valutato l’efficacia di questi farmaci nel trattamento di soggetti infettati dal virus, dimostrando che hanno un’alta capacità di abbattere la carica virale nell’organismo, ed effetti estremamente duraturi. Per ora i ricercatori hanno lavorato sull’Hsiv, un ibrido tra il modello animale della malattia (Simian Immunodeficiency Virus, o Siv) e il virus umano, ma la sperimentazione su pazienti con Hiv potrebbe iniziare presto.
I due gruppi di ricerca, guidati da DanBaroch, del Beth Israel Deaconess Medical Center, e da MalcolmA.Martin, del National Institutes of Health, hanno sperimentato i nuovi anticorpi monoclonali su esemplari di macaco rhesus infettati con il virus Hsiv, arrivando a risultati molto simili. In entrambi gli studi infatti, dopo 3-5 giorni da una singola infusione la carica virale nell’organismo degli animali era scesa al di sotto dei livelli rilevabili.
“Il trattamento con gli anticorpi ha fatto diminuire molto velocemente la carica virale, sia nel sangue che nei tessuti delle scimmie”, spiega Barouch. “Nella maggioranza dei casi, il virus è tornato alla carica quando l’effetto degli anticorpi ha iniziato a venire meno. La cosa interessante però è che negli animali che avevano i livelli più bassi di virus all’inizio dello studio, la carica virale è rimasta al di sotto dei livelli rilevabili per tutto il periodo di osservazione, senza che venissero effettuate ulteriori infusioni dei farmaci”. Secondo i ricercatori, i nuovi farmaci potrebbero quindi essere in grado di potenziare la risposta del sistema immunitario nei confronti del virus, con effetti che sembrano durare nel tempo.
Gli anticorpi monoclonali inoltre hanno un meccanismo di azione diverso da quello dei farmaci antiretrovirali, che oggi rappresentano al terapia standard per l’Hiv. “Gli anticorpi possono riconoscere sia il virus che le cellule infette, mentre gli antiretrovirali possono solamente inibire la replicazione del virus”, spiega Barouch. Per questo motivo gli anticorpi potrebbero potenzialmente essere combinati con i farmaci esistenti, per aumentare l’efficacia delle terapie e diminuirne gli effetti collaterali.
Il prossimo passo sarà ora sperimentare gli anticorpi monoclonali su pazienti umani. “I nuovi farmaci potrebbero essere utilizzati in congiunzione con gli antiretrovirali, per potenziare l’azione delle terapie, per la profilassi pre e post esposizione al virus, e per esplorare la possibilità di arrivare ad una completa eliminazione del virus dall’organismo”, conclude Barouch.
Riferimenti: Nature; Barouch et All. doi:10.1038/nature12744 ; Malcolm et Al. doi:10.1038/nature12746
Credits Immagine: AJ Cann/Flickr