Chiedilo a Watson. Potremmo riassumere così la notizia secondo cui il supercomputer dell’Ibm, Watson appunto, sarà presto accessibile come servizio cloud dagli smartphone grazie a delle app. Una notizia attesa dopo il lancio alla sfida per la creazione di applicazioni destinate a Watson lanciata lo scorso febbraio al Mobile World Congress di Barcellona. Anche se ancora non è chiaro che tipo di app saranno quelle pronte a sbarcare sugli smartphone e a interrogare il supercomputer.
Già, perché Watson, un supercomputer lo è decisamente: diversamente dal resto dei consimili, che per lo più sono solo in grado, nelle diverse declinazioni, di eseguire dei calcoli supervelocemente, il gioiello dell’Ibm è capace di imparare. E lo fa mettendo insieme le informazioni provenienti da una vasta gamma di fonti: database, enciclopedie, notizie, giornali, riviste scientifiche e così via. Insomma, mette insieme una serie di dati, che come sottolinea anche il NewScientist, lo rendono molto più che capace che compiere delle semplici ricerche sul web.
Tra le app che potrebbero accedere e usare le potenzialità di Watson, una è quella della Biovideo, che mira a far imparare al supercomputer dati relativi alla salute dei bambini pescando notizie da riviste mediche, dall’American Academy of Pediatrics e dallo UK National Health Service, per esempio. A che scopo? Per realizzare una app per mamme in apprensione per la salute dei figli, che sia in grado di rispondere in maniera il più accurata possibile in caso di malattia dei bambini e quando il medico non è disponibile. Ovviamente le domande verranno analizzate in dettaglio anche dal punto di vista linguistico per esser certi di aver capito esattamente cosa si sta chiedendo a Watson. Oppure, altro possibile impiego per Watson, potrebbe essere quello di funzionare da guida per gli abitanti e i turisti di New York, come suggerito dallo sviluppatore Ontodia, mettendo insieme le informazioni provenienti da uffici federali, comunali, turistici e commerciali.
Oltre a chi pensa poi a sviluppare degli avatar per Watson, che funzionino come controparti virtuali di personaggi famosi come Einstein, per esempio (assemblandone i lavori, il pensiero e le opere), e chi immagina di implementare dei servizi per misurare la qualità delle notizie diffuse con i media, tra le attività che potrebbero essere richieste al supercomputer c’è quella dei consigli per gli acquisti. In questo caso oltre alle caratteristiche del prodotto fondamentali saranno anche i feedback provenienti dai consumatori.
Le novità non riguardano però solo i nuovi lavori in programma per il supercomputer, ma anche le modifiche apportate allo stesso Watson, non più il bestione da 10 rack di server, 2880 processori e 15 terabyte di Ram in gioco nel 2011 a Jeopardy!. Oggi l’intelligenza artificiale di Watson è concentrata in un computer non molto più grande di un desktop, 32 processori e 256 gigabyte di Ram. Un mini-Watson insomma, facilmente alloggiabile nei datacenter di tutto il mondo.
Al momento le idee proposte per le nuove app di Watson sono in fase di discussione e tre tra queste verranno scelte da una giuria dell’Ibm entro il prossimo 30 maggio per essere portate in fase di sviluppo e rese accessibili via cloud.
Via: Wired.it
Credits immagine: Sebastian Anthony/Flickr