Dietro l’artrite reumatoide potrebbe esserci un batterio intestinale: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Colorado, negli Stati Uniti e pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine. Indagando le possibili cause di questa malattia autoimmune e infiammatoria, gli scienziati hanno scoperto una specie di batterio, precedentemente sconosciuta, presente nell’intestino di circa il 20% delle persone a cui era stata diagnosticata l’artrite reumatoide o che producevano gli anticorpi tipici della malattia e che potrebbe essere coinvolta nella sua insorgenza. Secondo gli autori dello studio, tale scoperta potrebbe non solo fare luce sulle cause ancora sconosciute dell’artrite reumatoide, ma anche condurre allo sviluppo di nuove terapie.
Le origini misteriose dell’artrite reumatoide
L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune e infiammatoria che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale, in cui il sistema immunitario colpisce per errore le cellule sane del corpo. In particolare, un tipo specifico di anticorpi, le proteine che solitamente mediano la risposta immunitaria contro agenti patogeni come virus e batteri, attacca i tessuti dell’organismo, soprattutto quelli delle articolazioni delle mani, dei polsi e delle ginocchia (anche se, in casi più rari, l’artrite reumatoide può anche interessare altri tessuti, causando problemi a polmoni, cuore, occhi e altri organi), generando infiammazione e danno tissutale che a loro volta portano a dolore cronico, instabilità e deformazioni a carico delle articolazioni colpite.
Nonostante questa malattia sia oggetto di studio da molti anni, la sua causa e le origini degli anticorpi responsabili della risposta autoimmune sono ancora sconosciute. Tra le diverse ipotesi vagliate dagli scienziati c’è quella che suggerisce che la mucosa di siti come bocca, polmoni e intestino abbia un ruolo centrale nello scatenare le risposte del sistema immunitario che si verificano all’inizio dell’artrite reumatoide, ben prima dell’insorgenza dei sintomi, e che poi si perpetuano man mano che la malattia avanza. In particolare, i ricercatori hanno esaminato gli anticorpi nel sangue di un campione di persone per identificare quelle a rischio di artrite reumatoide.
“Quando abbiamo esaminato quegli anticorpi, abbiamo trovato che un tipo appartiene alla classe di anticorpi che normalmente vediamo in circolazione nella malattia, ma l’altro è un anticorpo che di solito associamo alla nostra mucosa, che sia orale, intestinale o polmonare. Per questo abbiamo iniziato a chiederci: ‘Potrebbe esserci qualcosa nella mucosa che causa l’artrite reumatoide?'” ha affermato Kristine Kuhn, che ha coordinato il gruppo di ricercatori. “Nello specifico, ci siamo chiesti se i batteri nel microbioma, la comunità di microrganismi che vive nell’intestino, potrebbero essere quelli che attivano la risposta immunitaria che porta all’artrite reumatoide”, scrive su The Conversation Megan Chriswell, prima autrice dello studio.
I risultati e le prospettive future
A questo punto, per individuare contro quale componente del microbioma potesse essere responsabile della risposta autoimmune, i ricercatori hanno esposto le feci di persone a rischio di artrite reumatoide agli anticorpi della mucosa trovati in precedenza, isolando solo le specie batteriche che reagivano con questi ultimi. In particolare, una specie precedentemente sconosciuta, che Chriswell ha proposto di chiamare Subdoligranulum didolesgii e di cui non è nota la diffusione tra la popolazione generale, era presente nell’intestino di circa il 20% delle persone con diagnosi di artrite reumatoide o che avevano in circolo gli anticorpi responsabili della malattia. Secondo gli autori, questi batteri intestinali potrebbero attivare il sistema immunitario delle persone con artrite reumatoide, che, invece di colpire i microrganismi, attacca le articolazioni; il fatto, poi, che Subdoligranulum didolesgii sia stato trovato solo nell’intestino di persone con artrite reumatoide lo rende una causa plausibile dell’insorgenza della malattia in persone a rischio.
In effetti, per testare ulteriormente la loro ipotesi, gli scienziati hanno somministrato oralmente i batteri appena scoperti a topi di laboratorio: dopo appena due settimane gli animali hanno iniziato a produrre gli anticorpi tipici degli individui a rischio di artrite reumatoide e a sviluppare i sintomi associati alla malattia. Se quanto suggerito da questo studio venisse corroborato da ulteriori ricerche, non solo ci sarebbe una maggiore chiarezza sulle origini dell’artrite reumatoide, ma potrebbero essere sviluppate nuove strategie di prevenzione e di trattamento.
“La prossima cosa che vogliamo fare è capire, in popolazioni più ampie di individui a rischio, se questi batteri sono associati ad altre risposte immunitarie genetiche, ambientali e delle mucose, e se, in definitiva, sono correlati allo sviluppo dell’artrite reumatoide”, conclude Kuhn. “Se riuscissimo a capire come innescano queste risposte immunitarie, potremmo essere in grado di bloccarli”, e di conseguenza bloccare o limitare l’insorgere della malattia.
Via: Wired.it
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