Studiare il cancro in 3D

Di norma le immagini dei tumori vengono scattate sulle superfici bidimensionali dei vetrini di laboratorio, e utilizzate poi dagli scienziati per ipotizzare il loro comportamento in quell’ambiente molto più complesso che è l’organismo umano. Grazie a un nuovo microscopio ad alta risoluzione oggi è invece possibile visualizzare le cellule tumorali in 3d, e studiare direttamente le loro interazioni con l’ambiente che le circonda, rivelando così i loro meccanismi di come sopravvivenza e diffusione all’interno degli organismi. Come spiegano gli autori di una ricerca pubblicata sulla rivista Developmental Cell, “questo è il primo passo verso la comprensione della biologia 3d nei microambienti tumorali”.

“È evidente che l’ambiente influisce fortemente il comportamento cellulare, e quindi il valore degli esperimenti di coltura cellulare in vitro deve almeno essere messo in discussione”, dice Reto Fiolka dell’Università del Texas. “Il nostro microscopio è uno strumento che ci può portare a una comprensione maggiore dei meccanismi molecolari che guidano il comportamento delle cellule tumorali, visto che permette l’imaging ad alta risoluzione in ambienti più realistici”.

Dopo aver utilizzato il loro microscopio per analizzare sui pazienti i diversi tipi di cellule del tumore della pelle, Fiolka e il suo team hanno scoperto che in un ambiente tridimensionale, più realistico sicuramente di un vetrino, le cellule del melanoma formano tante piccole protuberanze chiamate vesciche. Un’ipotesi è che queste possano aiutare le cellule tumorali a sopravvivere o muoversi, svolgendo quindi un ruolo importante nell’aggressività del cancro o nella resistenza dei pazienti ai farmaci.

E dal momento che questo tipo di immagini è difficile da interpretare ad occhio nudo, il passo successivo sarà quello di sviluppare potenti piattaforme computerizzate per estrarre ed elaborare le informazioni.

“Quando abbiamo elaborato questo progetto, per prima cosa ci siamo chiesti che cosa volevamo misurare, sviluppando poi un microscopio e piattaforma analitica per raggiungere il nostro scopo”, spiega Erik Welf, dell’UT Southwestern. “Speriamo che ora invece di chiedere ciò che possiamo misurare, gli scienziati si chiedano cosa dobbiamo misurare, al fine di dare un contributo significativo alla biologia delle cellule del cancro”.

Riferimenti: Developmental Cell

Credits immagine: Welf and Driscoll et al.

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