Chip all’acqua

    Circuiti integrati che funzionano con l’acqua. Sono i dispositivi messi a punto da un team di ricercatori del California Institute of Technology, guidati da Todd Thorsen, che hanno realizzato due “chip a microfluido” intagliando valvole e canali miniaturizzati in piastre di silicio con un’area di pochi centimetri quadrati. Dirigendo l’acqua lungo le scanalature, i circuiti possono essere usati per trattare piccole quantità di sostanza per analisi biologiche. Funzionano anche come display e, per trattenere l’immagine, usano una bassa potenza elettrica. Gli scienziati americani hanno utilizzato il primo chip come sistema per immagazzinare dati. Il congegno è formato da 1000 celle, organizzate in una griglia di 25 righe e 40 colonne. Ogni cella rappresenta un’unità di memoria – una sorta di bit acquatico – ed è inizialmente piena di un liquido da analizzare (stato 1). Per aggiungere dati al dispositivo viene aperta una valvola in ogni cella della prima colonna, permettendo di trasportare via il contenuto delle celle che si vogliono svuotare (stato 0) con un flusso d’acqua lungo la rispettiva fila. Il processo viene poi ripetuto per ogni colonna della griglia. Il secondo chip è stato realizzato invece per compiere operazioni più complesse, per analizzare cioè molte copie di una stessa reazione chimica. Thorsen e colleghi sono riusciti a limitare il numero di impulsi elettrici necessari per controllare i circuiti. I risultati del loro lavoro saranno pubblicati su Science. (f.to.)

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