Spento un incendio sotterraneo in attività fin dai primi anni Cinquanta nella miniera di Terak nel nordovest della Cina, in una regione – lo Xinjiang – disseminata di giacimenti carboniferi che contengono circa il 40 per cento di tutto il carbone della nazione. A dare la notizia è Nature. Già nel 2004 nella stessa regione era stato spento un fuoco simile vecchio di 130 anni. Secondo le stime del Chinese Coalfield Fire Fighting Project Office, istituito nel 1958 dal governo locale per far fronte a questo problema piuttosto comune nella regione, nel corso dei suoi 50 anni di attività l’incendio ha rilasciato ogni anno nell’atmosfera più di 70mila tonnellate di gas tossici, fra cui anidride solforosa e monossido di carbonio e ha consumato un totale di 12,43 milioni di tonnellate di carbone.
Gli incendi sotterranei sono fenomeni che hanno luogo in corrispondenza di giacimenti carboniferi e possono essere innescati anche soltanto da un fiammifero acceso da un minatore impegnato nell’attività estrattiva oppure da una reazione chimica non indotta dall’essere umano. Come è noto, la combustione necessita della presenza di un carburante, di ossigeno e di un agente innescante. La perforazione effettuata per scopi minerari può facilitare l’apporto e la circolazione dell’ossigeno.
Un caso ben noto negli Stati Uniti è quello della città di Centralia, in Pennsylvania, già evacuata nel 1984, sotto le cui case è tuttora in corso un incendio sotterraneo sviluppatosi nel 1962 e non ancora domato, o della Burning Mountain in Australia, dove lo strato di carbone brucia addirittura da 6.000 anni.
I danni causati da questi incendi sono soprattutto ambientali. Paul van Dijk dell’International Institute for Geo-Information Science and Earth Observation (Usa) ha stimato che gli incendi sotterranei al momento attivi in Cina immettono nell’atmosfera circa 360 milioni di tonnellate di anidride carbonica, un quantitativo pari alla metà di quanto viene emesso in un anno dalle automobili di tutti gli Stati Uniti e al 2/3 per cento delle emissioni globali di questo gas.
L’area colpita in Cina corrispondeva a uno strato di carbone situato ad una profondità di 100 metri e più dall’ampiezza complessiva di 923.500 metri quadrati. Per spegnere un incendio di queste dimensioni è stato necessario iniettare acqua e fango nel terreno per rimuovere il calore e coprire la superficie per impedire l’apporto di ossigeno. Per evitare possibili recrudescenze, l’area sarà costantemente monitorata fino al 2009: sarebbe infatti sufficiente il minimo quantitativo di ossigeno per innescare nuovamente il fuoco. Altri metodi sfruttano l’azoto liquido, che abbassa la temperatura in modo più efficace e allo stesso tempo soffoca il fuoco, o altri materiali, come vari tipi di schiume. Le autorità locali prevedono di poter spegnere entro il 2015 28 dei 34 incendi di questo tipo al momento in attività nello Xinjiang. (s.s.)