Tempo di elezioni, tempo di propaganda. E siccome è anche il tempo di Internet, era fatale che le campagne elettorali sbarcassero sul Web. Sollevando così un problema finora inedito: come applicare le rigide norme che regolano le competizioni politiche al mondo assai fluido e ancora un po’ anarchico della rete? La questione si è posta negli Stati Uniti dove i giudici federali hanno stabilito che, in certi casi, i siti Web che si occupano dei candidati a cariche politiche devono sottostare alle leggi elettorali. Ma in occasione delle prossime elezioni europee (che in molte città si svolgono assieme alle elezioni amministrative locali), la faccenda si è posta anche dalle nostre parti. Precisamente a Bologna, dove il Comune ha deciso di mettere a disposizione delle liste e dei candidati degli spazi elettorali virtuali sul proprio sito Web (http://www.comune.bologna.it), esattamente come avviene per i manifesti che compaiono sulle strade, per le tribune elettorali televisive o per le piazze in cui tenere i comizi.
Accanto ad alcune pagine di informazioni “istituzionali” (come e quando si vota, chi ha diritto di voto e così via) lo “Speciale elezioni 1999” del sito bolognese ospita dunque parecchie pagine gestite direttamente dalle liste in competizione. Vi sono sia veri e propri cartelloni digitali con simboli, elenchi dei candidati e pagine in cui esporre i propri programmi, sia “piazze virtuali” in cui i candidati incontrano gli elettori. Sono in realtà veri e propri newsgroup moderati in cui discutere programmi e formulare proposte.
“Quando abbiamo varato il progetto ci siamo rivolti all’Autority per le telecomunicazioni per sapere come regolarci”, racconta Domenico Pellicanò, assessore alla qualità dell’amministrazione del capoluogo emiliano, “il fatto è che la nostra iniziativa è la prima in Italia e quindi verrà presa un po’ come un esperimento per i casi futuri”. Via libera, dunque, con qualche precauzione. Il Comune declina infatti ogni responsabilità su quanto viene pubblicato sulle pagine elettorali e ogni lista ha dovuto indicare un delegato che si facesse carico civilmente e penalmente dei contenuti. Più, naturalmente, rispetto rigoroso del silenzio elettorale e chiusura delle pagine 24 ore prima del voto. E la “par condicio”? “Sostanzialmente viene applicato un criterio di proporzionalità in base alla quantità di memoria occupata dalle pagine delle varie liste”, risponde Pellicanò.
Ma proprio questo è uno dei punti in cui la rigidità della legge si scontra con la fluidità della rete. Perché in un mondo di rimandi ipertestuali e di link diventa assai facile, per esempio, far arrivare il cyber-elettore su un sito politico privato, esterno a quello del Comune. Con tanti saluti ai megabyte di memoria misurati col bilancino. Ancora più intricata, da questo punto di vista, è la situazione che si è creata negli Stati Uniti e di cui si è recentemente occupato anche il New York Times. La legge elettorale federale prevede che chi sostiene la campagna elettorale di un candidato lo dichiari pubblicamente e denunci l’entità economica del suo impegno alla Commissione elettorale federale.
Ma quando un sito, magari creato e gestito da un privato cittadino che vuole sostenere il proprio candidato, cessa di essere libera espressione di un’opinione politica e cade sotto la giurisdizione della legge elettorale? Una prima linea di demarcazione è stata individuata: finché il sito si limita a riportare e sostenere le posizioni e i programmi di un candidato o a criticare anche energicamente quelle dell’avversario, si tratta di libera opinione politica. Quando però compare un esplicito invito a votare per l’uno o per l’altro allora si tratta di campagna elettorale. Con tutte le conseguenze del caso. Per esempio, l’obbligo appunto di dichiarare l’impegno economico. La Commissione federale da qualche indicazione: vanno dichiarati i denari spesi per la registrazione a dominio, per l’acquisto dell’hardware (computer, modem e così via) e per il mantenimento del sito. Ma come conteggiare tutto questo quando il sito viene aggiornato con il proprio computer di casa?
Mentre la discussione al di là dell’Atlantico procede, a Bologna tutti hanno accolto l’iniziativa della campagna elettorale virtuale con favore. Probabilmente perché, grazie anche agli sforzi del comune, la città è una di quelle in cui l’uso della rete è più diffuso. E con il 25 per cento degli abitanti che navigano abitualmente e 60 mila accessi quotidiani alla rete civica, il contatto con gli cyber-elettori è più che gradito.