Sei aggressivo verso i più piccoli? Allora non sei un papà. O almeno questo è quanto dimostrato nei topi maschi. Una ricerca della Harvard University a Cambridge, nel Massachusetts, coordinata da Zheng Wu, ha infatti mostrato che l’esperienza sessuale altera il comportamento dei topi maschi nei confronti dei topini appena nati: gli esemplari vergini attaccano i piccoli ma, dopo l’accoppiamento, l’aggressività diminuisce e lascia il posto alle cure parentali. Lo studio è stato pubblicato su Nature e chiarisce molti dei meccanismi cerebrali che sono alla base di questo comportamento essenziale per la sopravvivenza della prole, aprendo nuove prospettive sull’origine neurobiologica delle cure paterne.
Quando i topi si incontrano ciò che percepiscono viene elaborato dall’organo vomero-nasale, un sensore che si trova nel naso e che serve a innescare alcuni comportamenti istintivi (come il combattimento, la fuga o gli impulsi sessuali). Gli autori dello studio hanno ipotizzato che questo organo potesse essere coinvolto anche nel regolare la disposizione verso la cura dei piccoli.
Per verificarlo gli scienziati hanno inibito nei topi maschi vergini l’invio di alcuni segnali al cervello, silenziando il gene che attiva il canale ionico TRPC2, ovvero una proteina che permette i flussi di determinati ioni attraverso la membrana cellulare, prodotta solo nell’organo vomero-nasale. I topi dopo il trattamento si sono effettivamente comportati in modo molto meno violento verso i topolini, dimostrando il legame diretto tra i segnali prodotti da questo organo e l’aggressività.
Ma a cosa servono questi segnali e dove agiscono? Wu e colleghi hanno notato che un gruppo di neuroni nell’area preottica mediale dell’ipotalamo (nella zona centrale interna del cervello) viene attivato nei topi dediti alle cure parentali, sia maschi che femmine, ma appare ridotto nei maschi vergini in presenza di nuovi nati. Ciò li ha portati a ipotizzare che proprio quest’area fosse regolata dai segnali dell’organo vomero-nasale.
Dopo questa osservazione, i ricercatori hanno indagato il ruolo della galanina, una sostanza proteica sintetizzata dal Dna dei neuroni della stessa area del cervello. Per farlo nei laboratori di Harvard sono stati trattati due gruppi di topi: il primo è stato mutato in modo che i neuroni di quell’area morissero e il secondo in modo che gli stessi neuroni esprimessero nei canali ionici la proteina canalerodopsina 2, usata per indurre stimolazione nervosa con la luce. I due esperimenti hanno dato risultati sorprendenti: nei maschi vergini, la diminuzione del gruppo di neuroni che esprimono galanina ha incrementato il comportamento aggressivo nei confronti dei cuccioli, mentre negli adulti di entrambi i sessi ha determinato una diminuzione delle cure parentali. Al contrario, la stimolazione luminosa dei neuroni nei maschi vergini ha inibito gli attacchi nei confronti dei piccoli e innescato le cure parentali.
A questo punto viene da domandarsi se la diversa aggressività prima e dopo l’accoppiamento sia tipica dei roditori o no. Apparentemente questo comportamento è presente in molte specie, dagli uccelli ai mammiferi marini. L’esempio più noto è quello dei leoni maschi che uccidono i cuccioli quando prendono il sopravvento in un nuovo branco (oltre a sfrattare leoni maschi vecchi e giovani). Questo studio, dunque, apre le porte a nuove ricerche di neurobiologia per verificare se in tutte le specie aggressività e cure parentali sono riconducibili alle stesse cause.
Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature13307
Credits immagine: Ikayama/Flickr