Elefante asiatico: non solo l’avorio, anche l’addomesticamento uccide

elefante asiatico domesticazione legname lavoro
Mr P Mashall / Public domain

Gli elefanti, tra gli animali più maestosi della Terra, sono ovunque in drammatico declino per distruzione di habitat e bracconaggio rivolto soprattutto al mercato nero dell’avorio, che colpisce l’elefante africano (circa 20.000 i Loxodonta africana uccisi ogni anno secondo il Wwf) così come la specie asiatica (Elephas maximus), anche se limitatamente agli individui maschi, i soli dotati di zanne. Ma la pressione antropica su questo pachiderma non è certo meno rilevante. A differenza del cugino africano, l’elefante asiatico è stato infatti sottoposto a un intenso processo di addomesticamento per essere usato come animale da fatica e di trasporto. Più o meno l’equivalente dei nostri asini. E uno studio pubblicato su Scientific Reports mostra come proprio queste pratiche di addomesticamento abbiano influenzato negativamente la sopravvivenza dei cuccioli di questa specie.

Il declino degli elefanti asiatici

Arrivato dall’Africa in Asia nel Plesistocene, l’elefante era un tempo diffuso in tutto il continente asiatico, incluse le isole di Sumatra, Java e Borneo. Oggi, l’elefante asiaticoha perso il 95% del proprio territorio e si stima che gli individui selvatici siano meno di 50 mila. Una parte della popolazione di elefanti asiatici (circa 15000) vive in cattività, a stretto contatto con l’essere umano. Per preservare la specie, le attività di conservazione vanno quindi rivolte sia agli individui selvatici che a quelli in cattività.

L’addestramento al lavoro troppo duro per i cuccioli

Purtroppo, ma non sorprendentemente, la “domesticazione” non fa bene agli elefanti asiatici, sia come individui sia come specie. Nelle popolazioni in cattività si registrano alti tassi di mortalità dei cuccioli di 4-5 anni, proprio l’età in cui iniziano le pratiche di addomesticamento. Per capire meglio le cause di queste morti premature i ricercatori dell’università di Turku in Finlandia e i veterinari della Myanma Timber Enterprise (MTE) hanno seguito la più grande popolazione asiatica di elefanti in cattività, quella dell’industria del legname in Myanmar, che impiega gli elefanti asiatici come animali da tiro per trasportare tronchi di alberi abbattuti.

elefante asiatico specie a rischio mortalità domesticazione
Mydaydream89 / CC BY-SA

Ebbene, i dati di sopravvivenza di circa 2000 elefanti in 43 anni hanno rilevato un aumento del 50% della mortalità all’inizio dell‘addomesticamento rispetto alla popolazione selvatica. “Evidentemente, l’aumento della mortalità all’età di quattro anni negli elefanti in cattività è un sintomo della loro gestione piuttosto che un fenomeno naturale”, spiega Jennie Crawley primo autore dello studio. Ad aumentare il rischio è anche l’età in cui inizia l’addomesticamento e l’esperienza della madre: “Abbiamo scoperto che gli elefanti più giovani all’inizio dell’addomesticamento hanno maggiori probabilità di morire, così come quelli nati da madri meno esperte”, afferma Virpi Lummaa coautore dello studio. Fortunatamente dagli anni Settanta la situazione è migliorata: 40 anni fa morivano tre volte tanto.

Un futuro (forse) più roseo

L’elevata mortalità tra i cuccioli di elefanti asiatici in cattività era nota a livello aneddotico ma questo è il primo studio che indaga le cause precise del fenomeno. “Anche se dagli anni Settanta la situazione è migliorata – 40 anni fa morivano tre volte di più, bisogna iniziare a monitorare gli elefanti durante l’addomesticamento”, spiega Crawley – un argomento spesso evitato perché controverso: dobbiamo provare a capire le dinamiche dell’aumento di mortalità durante l’addomesticamento nella speranza di migliorare la sopravvivenza dei cuccioli”.

Ma molto resta da fare. Il Myanmar per esempio è impegnato per una gestione più attenta degli animali in cattività. L’MTE ha messo in atto misure per provare a ridurre al minimo i danni durante l’addomesticamento, come la presenza costante di un veterinario, passeggiate quotidiane per i cuccioli e un graduale contatto con l’essere umano già dai tre mesi. Inoltre, il governo ha invitato gli addestratori a un addomesticamento tardivo e meno duro, soprattutto per gli elefanti più piccoli e figli di madri meno esperte.

Riferimenti: Scientific Reports

Leggi anche:
Koshik, l’elefante che saluta in coreano
Se il pachiderma aguzza l’ingegno

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here