Siamo a corto di elio. E non è la prima volta, anzi: è la terza penuria globale nel giro di appena 14 anni. Vi sembra un problema da niente? Be’ vi sbagliate, e di grosso: è vero, l’elio è il gas con cui gonfiamo i palloncini, ma si tratta anche di un elemento con caratteristiche fisiche uniche, fondamentale per realizzare dispositivi iper-tecnologici come le macchine per la risonanza magnetica, o i razzi che propellono sonde e astronavi nello Spazio. Macchinari d’importanza vitale per la salute e la ricerca scientifica, che avremo sempre più problemi a costruire o sviluppare in un mondo in cui l’elio rischia di diventare una risorsa rara, e sempre più preziosa.
Come siamo arrivati a questo punto? Vediamo.
Quanto elio nell’Universo
A una prima occhiata, l’idea che l’elio possa scarseggiare sembra quasi paradossale. Si tratta infatti del secondo elemento più abbondante nell’Universo, dopo l’idrogeno. Come ricorda sul New Scientist la cosmologa americana Chanda Prescod-Weinstein, stando alle teoria attuali la maggior parte dell’elio esistente si è formato nei primissimi minuti di vita del nostro Universo, non appena la materia scaturita dal Big Bang si è freddata abbastanza da permettere l’unione di protoni e neutroni che ha dato vita ai primi nuclei atomici. Iniziando con l’idrogeno (che non a caso costituisce il 75% della materia luminosa presente nello Spazio), e passando quindi all’elio (che rappresenta quasi la totalità del rimanente 25% di materia luminosa).
Insomma: l’elio è comunissimo nell’Universo, è presente in altissime quantità nelle stelle e viene prodotto anche al loro interno (almeno in quelle simili al nostro Sole) dalla fusione di due atomi di idrogeno. Il problema è che l’Universo è un posto veramente molto grande. E se nelle Spazio di elio se ne trova fin troppo, sulla Terra le cose sono molto diverse. Qui da noi infatti si tratta di un elemento piuttosto raro.
Come nasce l’elio sulla Terra
Sul nostro pianeta l’elio non arriva dalle stelle, e non è nato con il Big Bang. L’elio presente sulla Terra ha infatti origine dal decadimento di elementi radioattivi come l’uranio o il torio, inizialmente sotto forma di particelle alfa (estremamente radioattive e composta da due protoni e due neutroni) che una volta recuperati due elettroni si tramutano in normali atomi di elio. Il risultato sono sacche di elio intrappolate sotto nella crosta del nostro pianeta, spesso nei pressi di giacimenti di petrolio o di gas naturali. Ed è proprio questa caratteristica a rappresentare un problema per l’approvvigionamento di elio: non esiste attualmente praticamente alcuna struttura dedicata unicamente alla sua estrazione. Piuttosto, per il 97% degli impianti esistenti quel che accade è che le compagnie petrolifere lo raccolgono come sottoprodotto dell’estrazione di materie prime ben più redditizie.
Ma non viene fatto molto spesso. Attualmente, il 90% dell’eliocommercializzato sulla Terra arriva da appena tre paesi: StatiUniti, Algeria e Qatar. Basta un problema qualunque in una di queste nazioni, e la produzione globale subisce un grave rallentamento. E non a caso, è quanto capitato negli ultimi tempi.
A partire dal 2017, infatti, gli Emirati Arabi hanno imposto un embargo alle esportazioni del Qatar, nell’ambito della crisidiplomatica tutt’ora in corso tra le monarchie del Golfo. Il risultato è stato un crollo delle esportazioni di elio da parte del secondo produttore mondiale, e una penuria globale di questo gas durata per mesi. Per rispondere al problema, gli Usa, primo produttore al mondo, hanno dovuto aumentare estrazioni ed esportazioni. Ma tutto ha un prezzo: le riserve americane di elio sono concentrate principalmente in un’area compresa tra Texas, Oklahoma e Kansas. E vengono stoccate in una riserva federale di elio che per quanto abbondante, non è certo infinita.
A complicare le cose, una legge approvata nel 1996 prevede che tutto l’elio custodito nella riserva americana (che all’epoca stava generando immense perdite economiche) sia venduto all’asta entro il 2021. Un’operazione che metterà moltissimo elio sul mercato, ma che contribuirà probabilmente a una gestione poco oculata delle scorte. E, una volta terminate, nessuno ha ancora pensato come, e dove, prenderemo l’elio necessario per gli anni a venire.
Un gas davvero particolare
In caso di una prolungata crisi di disponibilità dell’elio le conseguenze sarebbero drammatiche, in particolar modo per la ricerca scientifica. L’elio è infatti un gas molto particolare: per iniziare, è più leggero dell’aria, e questo lo rende perfetto non solo per gonfiare palloncini, ma anche per aiutare chi soffre di problemi respiratori. Viene mischiato all’ossigeno per ottenere una miscela chiamata Heliox, che viene fatta inalare a pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva o altri problemi polmonari, nella speranza che risulti più facile da inalare ed espirare del solo ossigeno. Si tratta però di una tecnica poco usata, e di cui non si conosce ancora a fondo l’efficacia.
Un’altra caratteristica importante dell’elio è che è l’elemento con il punto di ebollizione più basso tra quelli noti. Per ottenere elio liquido servono infatti temperature inferiori a -270 gradi centigradi. E questo lo rende perfetto come refrigerante in tutti i casi in cui bisogna tenere qualcosa a temperature realmente basse.
Qualche esempio? Tra i più diffusi ci sono senz’altro gli apparecchi per la risonanza magnetica, dispositivi che generano un potente campo magnetico utilizzando elettromagneti: bobine formate da cavi tenuti a temperature bassissime perché esibiscano proprietà di superconduzione, e forniscano quindi la quantità di energia richiesta. Le stesse tecnologie vengono utilizzate anche per apparecchi come la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare, utilizzata per studiare struttura e funzioni di proteine, acidi nucleici e altre molecole organiche, o per la magnetoencefalografia, con cui si studia il cervello misurando i campi magnetici prodotti dalla sua attività elettrica.
Trattandosi di un gas nobile, l’elio è anche chimicamente inerte, e generalmente non crea quindi legami chimici con altri elementi. Per questo motivo è usato come propellente per manovrare le sonde spaziali, o per pressurizzare i serbatoi di combustibile e comburente per i motori a propellente liquido dei razzi.
La situazione non è rosea
Senza elio rischiamo dunque di fare drammatici passi in dietro in campi che vanno dalla medicina all’esplorazione spaziale. E purtroppo, attualmente la situazione non è delle più rosee. I giacimenti vanno consumandosi. E l’attuale sistema produttivo legato all’estrazione di gas naturali complica le cose: la necessità di ridurre produzione, e consumo, di combustibili fossili per mitigare il riscaldamento globale diminuirà anche le opportunità di individuare nuove fonti di approvvigionamento per l’elio.
Nei prossimi anni serviranno quindi sforzi e investimenti importanti per la ricerca e lo sfruttamento di nuovi giacimenti di elio. In alternativa, purtroppo, non resterà che abituarsi a vivere, almeno per un po’, in un mondo senza elio.
Via: Wired.it
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I magnati superconduttori non “forniscono l’energia necessaria” come citato nel testo ma elevata intensità di campo magnetico. Il vantaggio è che una volta indotta una corrente nella spira superconduttrice non è più necessario applicare una differenza di potenziale per mantenere stabile la corrente elettrica che fluisce indefinitamente fin tanto che la spira rimane superconduttrice. Sfortunatamente anche se esistono materiali che sono superconduttori alla temperatura dell’azoto liquido, sono materiali ceramici difficilmente lavorabili in filamenti. In ogni caso la penuria di He è un vero problema non percepito dai più.