Tinte, ritocchini, palestra. Facciamo di tutto per nascondere i segni del tempo che passa, ma c’è un segnale inequivocabile pronto a tradirci e rivelare, impietosamente, la nostra età: si tratta ancora una volta del microbioma, quel complesso insieme di microbi che convivono con il nostro organismo e giocano un ruolo fondamentale per la nostra salute. Oltre a rivelarsi fonte di preziose informazioni su di noi, come dimostra anche questa scoperta dei ricercatori dell’Università di San Diego, in California, pubblicata sulle pagine della rivista mSystems.
Microbioma, salute e invecchiamento
In effetti sapevamo già da tempo che il microbioma cambia non solo da persona a persona ma anche, nello stesso individuo, con l’età. Ed è influenzato da diversi fattori: la genetica, l’ambiente, lo stile di vita e l’alimentazione. D’altro canto, sappiamo anche che la composizione dei microbiomi che abitano i diversi organi del nostro corpo ha un effetto diretto sulla salute. Le alterazioni del microbioma intestinale, ad esempio, sono collegate allo sviluppo di malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), malattie autoimmuni, obesità, depressione e perfino ad alcuni disturbi neurologici come l’autismo. È la prima volta, però, che viene studiato in modo approfondito il rapporto dei diversi tipi di microbioma con l’invecchiamento dell’organismo, per predire l’età di una persona.
Lo spunto per gli scienziati è stato uno studio del 2014 dell’Università di Washington, che aveva analizzato il microbioma intestinale dei bambini provenienti da zone povere del Bangladesh. I ricercatori avevano confrontato l’età del microbioma intestinale dei bambini nei primi mesi di vita con la loro reale età cronologica, scoprendo una differenza correlata al ritardo nello sviluppo dell’organismo indotto dalla malnutrizione. Nello studio attuale, invece, il team dell’Università di San Diego ha esplorato il legame tra microbioma ed età anche negli adulti e ha cercato di capire se si potesse generalizzare anche ad altre parti del corpo, come il cavo orale e la cute.
I microbi cambiano con l’età e con il sesso
Gli scienziati hanno preso in esame 4.434 campioni fecali da Stati Uniti e Cina, 2.550 campioni di saliva da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Tanzania e infine 1.975 campioni di pelle da Stati Uniti e Gran Bretagna. Per arrivare a questi numeri, il team ha utilizzato i dati pubblici disponibili in diversi progetti di citizen science, come l’American Gut Project, in cui i partecipanti contribuiscono in maniera anonima alla ricerca scientifica donando i loro campioni fecali, di saliva o di pelle e ricevendo in cambio la lettura personalizzata del proprio microbioma.
I partecipanti allo studio, inoltre, rappresentavano una popolazione molto vasta, con un’età compresa fra i 18 e i 90 anni e un indice di massa corporea fra 18,5 e 30. Sono state escluse dal campione solo alcune categorie di persone che presentavano patologie o alterazioni del microbioma legate a infiammazioni intestinali o diabete, uso di antibiotici nel mese precedente alla donazione dei campioni, gravidanza, ospedalizzazione oppure disabilità o gravi malattie.
Analizzando i tamponi, i ricercatori hanno dimostrato che si può prevedere l’età di una persona, con un grado diverso di precisione, a partire dal microbioma cutaneo, orale o fecale. In particolare, la stima più accurata si ottiene a partire dai microbi della pelle, che presentano un margine di errore di soli 3,8 anni. L’età del microbioma orale, invece, può distanziarsi da quella cronologica anche di 4,5 anni, contro gli 11,5 di quello fecale. Il microbioma della pelle, quindi, è quello che cambia più rapidamente con l’età. Una possibile spiegazione, secondo i ricercatori, sta nel fatto che, come tutti sperimentiamo con il passare del tempo, è la stessa pelle a cambiare, ad esempio producendo meno sebo e diventando più secca.
Per quanto riguarda il microbioma orale e quello intestinale gli scienziati hanno riscontrato nelle persone giovani, dai 18 ai 30 anni, una presenza di specie più abbondanti e diversificate fra loro rispetto a quelle degli adulti più anziani, dai 60 anni in su. Non solo: il microbioma intestinale presenta anche differenze di genere fra uomo e donna, mentre non c’è nessuna differenza in quello del cavo orale o della pelle. Nonostante la diversità dei microbi che vivono nei vari distretti del corpo umano, però, non si è riscontrata nessuna differenza fra campioni cutanei raccolti dalla fronte o dalle mani. Questo ci fa pensare, quindi, che i futuri studi sul microbioma della pelle potranno aumentare la loro forza statistica combinando raccolte di dati sui distretti del corpo e sui generi.
Le applicazioni nella ricerca e nella terapia
Lo studio è stato reso possibile da uno strumento che legge l’età del microbioma sviluppato grazie alla collaborazione fra l’università californiana e l’IBM. “Questa nuova capacità di collegare i microbi con l’età ci permetterà di sviluppare in futuro studi sul ruolo che i microbi giocano nel processo di invecchiamento e nei disturbi legati all’età, e di testare meglio potenziali interventi terapeutici che abbiano come obiettivo il microbioma”, spiega Zhenjiang Zech Xu, coautore dello studio.
L’obiettivo finale del team è quello di creare modelli per correlare il microbioma con alcune condizioni cliniche, come l’infiammazione nelle malattie autoimmuni. Quest’approccio potrebbe permettere, in futuro, di realizzare un test non invasivo basato proprio sul microbioma, per diagnosticare più facilmente un disturbo o valutare il rischio che una persona lo sviluppi. Inoltre, come aggiunge il ricercatore Ho-Cheol Kim, applicare questo tipo di tecnologie ai futuri studi sul microbioma potrebbe darci nuove spunti di ricerca sul modo in cui i microrganismi influenzano la nostra salute complessiva e, scendendo più nel dettaglio, un’ampia gamma di disturbi e disordini, da quelli neurologici a quelli cardiovascolari e immunitari.
Riferimenti: mSystems