di Andrea Monaco
Se non riusciremo a invertire la tendenza al riscaldamento del pianeta, si preannuncia un XXI secolo molto difficile per il pinguino reale e per altre specie animali sub-antartiche. È l’allarme lanciato su Nature Climate Change da un gruppo di ricerca internazionale che ha indagato i possibili effetti del riscaldamento globale sulla distribuzione e consistenza del pinguino reale.
Il pinguino reale vive in enormi colonie sulle coste meridionali dell’Argentina e in una manciata di isole della fascia sub-antartica, tra Cile e Australia. Trascorre gran parte dell’anno nelle aree riproduttive e di allevamento della prole, dalle quali si allontana alla ricerca del cibo, arrivando a compiere spostamenti fino a 700 km. Oltre questa distanza la specie non si spinge perché i costi energetici del viaggio diventano insostenibili. Le aree di alimentazione dei pinguini reali si trovano in corrispondenza delle correnti oceaniche di risalita di nutrienti, che garantiscono elevate densità di prede ambite dai pinguini come pesci e calamari. Nell’Oceano meridionale queste aree sono poste lungo l’Antarctic Polar Front (APF), la zona di contatto tra le fredde e dense acque polari e quelle più calde delle latitudini intermedie che, secondo i modelli climatici messi a punto dall’IPCC, sembrerebbe spostarsi verso sud ad una velocità di 2,5-4 km all’anno per effetto del riscaldamento globale.
Il modello messo a punto dagli autori dell’articolo integra dati genetici, demografici e climatici e delinea uno scenario decisamente preoccupante: la maggior parte delle colonie di pinguino reale potrebbe essere costretta a cercare nuovi siti riproduttivi in quanto quelli utilizzati attualmente diverranno troppo distanti dalle zone di pesca, in progressivo spostamento. “La nostra proiezione è che il 70% delle coppie di pinguino reale nidificanti oggi su Crozet, Kerguelen, Prince Edward e Marion andranno incontro ad un momento critico. Se non dovessero migrare su altre isole, perché già occupate da altre colonie o perché inospitali per le temperature estreme, le popolazioni andrebbero incontro ad un netto peggioramento dell’attuale stato di conservazione”, commenta Emiliano Trucchi, ricercatore all’Università di Ferrara e uno degli autori della ricerca.
Il caso del pinguino reale potrebbe darci un’indicazione sulle trasformazioni a cui va incontro l’intero ecosistema. “Il modello predittivo è stato calibrato sulle esigenze ecologiche del pinguino reale e i risultati ottenuti non sono direttamente estrapolabili ad altre specie. Tuttavia sono sicuro che scenari simili possano emergere per moltissime altre specie, se investigate con la stessa metodologia”, continua l’autore della ricerca. “Nel valutare i risultati va considerato che la specie è un predatore di alto livello e, in quanto tale, è in grado di darci il polso della situazione di quelli che possono essere i cambiamenti o, forse meglio, gli sconvolgimenti in atto nella catena trofica sub-antartica. L’esempio del pinguino reale è una sorta di punta dell’iceberg di quello che sta succedendo nella regione sub-antartica, ecosistema che soffre in particolar modo il riscaldamento globale. Inoltre il pinguino reale può essere preso come esempio di quelle specie che durante l’anno usano aree disgiunte, anche molto distanti, per la riproduzione e l’alimentazione. Queste specie sono particolarmente sensibili ai cambiamenti ambientali perché le aree di foraggiamento e quelle di riproduzione possono rispondere in maniera differente o opposta ad un innalzamento delle temperature”, conclude Emiliano Trucchi.
A complicare questo scenario già preoccupante contribuiscono alcune caratteristiche biologiche della specie, come la ridotta diversità genetica e la longevità (fino a 15-20 anni), che non le permettono di adattarsi rapidamente ai cambiamenti ambientali. Secondo gli autori tutto ciò aumenta il rischio che avvengano ripetute estinzioni locali e richiama all’urgenza di un’azione immediata attraverso sforzi di conservazione efficaci e proattivi.
Riferimenti: Nature Climate Change
Articolo prodotto in collaborazione con il Master SGP di Sapienza Università di Roma