Si chiamano Bic e sono batteri marini in grado di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque. Sono stati studiati da una équipe di ricercatori guidata da Michail Yakimov dell’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr di Messina (Iamc). I risultati del lavoro, presentati a Messina nel corso del Convegno “Biotecnologie applicate al risanamento di aree marine contaminate”, mostrano che un ceppo della famiglia dei Bic, chiamato Alcanivorax borkumensis SK2, è particolarmente diffuso e versatile nel consumo di diversi tipi di idrocarburi rilasciati in mare da navi e petroliere.
Monitorando vasche contenenti 1.200 litri di acqua marina inquinata artificialmente di petrolio, i ricercatori hanno osservato che nell’arco di 15 giorni l’inquinante veniva abbattuto del 95 per cento grazie all’opera di questi batteri. Parallelamente veniva monitorata la variazione della composizione microbica dovuta alla presenza di petrolio: al quindicesimo giorno il numero di diversi tipi di batteri era notevolmente ridotto, e la popolazione microbica era rappresentata quasi esclusivamente dai Bic.
Questo batterio contiene nel suo genoma circa 45 geni deputati alla degradazione: 15 di questi sono stati identificati e se ne conosce la funzione, altri 30 geni invece hanno una attività al momento sconosciuta. Secondo Renata Denaro dell’Iamc, “una tale specializzazione non è stata riscontrata in altri microrganismi marini”. La proposta lanciata dai ricercatori è sfruttare le potenzialità biotecnologiche dei Bic.
Potrebbero rivelarsi un’arma efficace per il risanamento di aree marine contaminate, la prevenzione della contaminazione da petrolio e il monitoraggio dei processi di biodegradazione e delle delle aree marine a rischio. (ma.ma.)