I comportamenti umani sono complessi e molte volte imprevedibili. Difficile quindi descriverli in modo esauriente da un punto di vista formale. È questo lo scoglio maggiore che deve affrontare chi voglia trasferire il modo di fare umano sulle macchine. Per formalizzare nuove strutture di pensiero e renderle operative sui calcolatori infatti la logica classica spesso non basta. Bisogna ricorrere a logiche più sfumate e flessibili, che riescano a rappresentare e manipolare simbolicamente situazioni a volte al limite della contraddittorietà, in cui la logica del “tutto o niente” e’ troppo riduttiva. Come fare allora a creare i robot pensanti? Ne hanno discusso studiosi di tutto il mondo riunitisi al Centro ‘’Ettore Majorana’’ di Erice, nell’ambito di un seminario promosso dalla Scuola internazionale sulle reti neurali, e diretto da Bruno Apolloni, del dipartimento di scienze dell’informazione dell’Università di Milano.
“Se si cerca di descrivere a una macchina come si fa a muoversi in un ambiente (come può fare naturalmente una persona o, ancora meglio, un gatto) diventa difficile spiegare il meccanismo cognitivo che sottostà a tale processo”, afferma Marco Gori del dipartimento di ingegneria dell’informazione dell’Università di Siena. “In questi casi sembra opportuno dotare le macchine della capacità di apprendere da esempi, come accade nell’essere umano, dove l’interazione con l’ambiente si manifesta con la modifica delle connessioni sinaptiche tra i neuroni”. In pratica questo processo neurobiologico, che è alla base dei processi cognitivi umani, viene replicato dai cyborg in maniera semplificata. Secondo Gori “il gap fra sinapsi e processi cognitivi è ancora enorme e, sebbene biologicamente ispirate, le nostre macchine si rifanno a principi non necessariamente simili a quelli che si ritrovano in natura. La scienza e la tecnologia ci hanno insegnato che emulare perfettamente la natura non può essere la via migliore: immaginiamo che aeroplani si sarebbero costruiti emulando il volo degli uccelli”.
Il futuro della logica e della computabilità è legata – come spiega Carlo Cellucci, ordinario di Logica all’Università La Sapienza di Roma nel suo libro ‘’Le Ragioni della Logica’’ – alla possibilità di concepire i sistemi logici non come sistemi chiusi (in cui gli assiomi sono fissi e non si possono cambiare), ma aperti. Sistemi in cui, grazie all’interazione con la realtà, gli assiomi possono essere modificati seguendo nuove regole, diverse da quelle tipiche della logica senza contenuti, del calcolo formalistico puramente deduttivo della logica moderna e delle nostre vecchie macchine.
Ma la possibilità di realizzare dei cyborg oltre a porre problemi di natura scientifica solleva dubbi di carattere etico e morale. Per esempio: tali esseri saranno da considerarsi umani od umanoidi? E quindi, saranno considerati portatori di anima? Il workshop di Erice ha permesso di riflettere anche su questi temi. Una risposta è venuta dal confronto con questioni simili emerse nel passato della storia del genere umano. Durante il Medioevo, per esempio, ci si chiedeva se i figli nati fuori dal matrimonio avessero un’anima. “Ogni volta che c’e’ una materia ben disposta – e in questo le riflessioni di San Tommaso ci aiutano -, che ha raggiunto un sufficiente grado di organizzazione e di complessità, tale da sopportare quella relazione col Trascendente che costituisca la parte “spirituale” della sua psiche, non ci sono motivi per negare che il Trascendente possa entrare in relazione con quest’essere, anche se l’atto con cui è stato generato fosse contro la legge morale”, spiega Padre Gianfranco Basti, professore di antropologia filosofica alla pontificia Università Lateranense. Dunque, la relazione con il Trascendente è costitutiva di tutti gli esseri intelligenti come l’uomo: potrebbero averla gli extraterrestri (posto che esistano) e gli stessi umanoidi, se fossero dotati delle condizioni materiali per possederla.