Altro che sei millenni. La coltivazione del mais, probabilmente la pianta che ha segnato lo sviluppo e l’economia del Nuovo Mondo più di qualsiasi altra, ne ha ben nove. E sebbene i chicchi dovessero essere molto più duri sotto i denti rispetto a quelli cui siamo abituati noi, è possibile che le antiche popolazioni lo coltivassero per mangiarlo, piuttosto che per ricavarne una bevanda alcolica, come ritenuto finora.
La scoperta delle più antiche tracce del teosinte, l’antenato selvatico del granturco, in un sito archeologico del Messico Centrale datato tra 8.000 e 9.000 anni fa è oggi riportata su Proceedings of the National Academy of Sciences da Dolores Piperno, archeobotanica presso lo Smithsonian National Museum of Natural History, e da Anthony Ranere, antropologo della Temple University di Philadelphia.
Che il mais (Zea mays) derivasse dal teosinte era stato provato nel 2002 da un gruppo di genetisti guidati da John Doebley dell’Università del Wisconsin. Le sue analisi su piante di teosinte che crescono attualmente nell’area del Balsas River (Messico) avevano fugato i dubbi sulla presunta parentela. Quello studio aveva anche suggerito che la separazione delle due specie doveva essere avvenuta circa 9.000 anni fa, all’inizio di quel periodo che i geologi chiamano Olocene. Finora, però, le più antiche tracce di mais trovate risalivano al massimo a 4.000 e a 6.200 anni fa.
Piperno e colleghi avevano allora cominciato a cercare siti datati intorno ai 9.000 anni, alla caccia di prove della domesticazione della pianta. Nel 2005, i ricercatori avevano finalmente trovato un sito, sempre nella regione del Balsas River, con rocce preistoriche che recavano tracce di amido di mais e microscopiche piante fossili (phitoliti). La datazione al radiocarbonio ha ora rivelato che i grani di granturco si erano fissai sulla pianta almeno 8.700 anni fa.
I risultati di queste analisi, appena pubblicati, suggeriscono anche che la teosinte sia stata addomesticata sia per essere consumata direttamente sia per l’olio (che si estrae dal seme), e non tanto – o non solo – per la bevanda alcolica che è possibili ricavare dallo zucchero (che si estrae dal gambo). (t.m.)
Riferimento: Pnas doi:10.1073/pnas.0812590106