Internet dei cieli

    Sviluppare una rete che permetta la comunicazione tra mezzi senza pilota. E che consenta di schierare intere armate di veicoli autonomi, sia aerei (Unmanned Air Vehicles, Uav) che mezzi di terra (Unmanned Ground Vehicles, Umg): robot capaci di raccogliere ed elaborare informazioni, inviarle alla base, riconoscere i bersagli e attaccarli, mentre i soldati in carne e ossa rimangono a dirigere le operazioni dalla portaerei. Non è la trama del prossimo film George Lucas, ma il progetto ambizioso e costoso, ben 11 milioni di dollari, della Marina militare Usa. Che per realizzarlo prende spunto da un’altra applicazione militare ormai popolare: Arpanet, poi diventata Internet. Allo stesso modo questa nuova rete capace di configurarsi nel giro di pochi secondi e auto-organizzarsi per far fronte a qualunque guasto potrebbe avere in futuro delle applicazioni civili.Il progetto, nato due anni fa, si chiama Minuteman, sigla di Multimedia Intelligent Network of Unattended Mobile Agents, è ora arrivato alla prima fase operativa: Mario Gerla, l’ingegnere italiano a capo dei 300 scienziati coinvolti è pronto a effettuare i primi test sul campo. “I protocolli finora sviluppati per le reti wireless”, spiega Gerla, oggi professore di computer science all’Università di Los Angeles, “possono gestire reti su piccola scala, composte di poche unità molto omogenee. Qui invece abbiamo a che fare con uno scenario su vasta scala, con centinaia di unità molto diverse tra loro. Il nostro sistema deve consentire di trasmettere immagini ad alta definizione, da inviare a potenti processori per il riconoscimento automatico in tempo reale, di proteggere la rete dalla congestione del traffico, dalle intrusioni e dagli attacchi fisici. E infine dobbiamo garantire che i robot si gestiscano da soli: il comandante può ordinare l’attacco, ma non può decidere quali robot devono partecipare, sono loro a doversi auto-organizzare”.La struttura di base della rete prevede che un aereo, il Global Hawk, il più potente degli aerei senza pilota, che vola a 15000 metri di quota faccia da “server”, interagendo direttamente con il quartie generale, situato su una portaerei distante anche più di 1000 chilometri. Allo stesso tempo uno stormo di aerei a quota più bassa funge da “ripetitore”, mentre i robot a terra o sul mare, dotati di telecamere, che raccolgono informazioni sul terreno, riconoscono i bersagli, e fanno a loro volta da router verso altri aerei senza pilota. Gli aerei costituiscono così una vera e propria Internet dei cieli, che può coprire un’area di qualche centinaio di chilometri. In più, diversi campi di battaglia potrebbero essere interconnessi da aerei ad alta quota, estendendo ulteriormente la copertura.L’aspetto più innovativo del progetto è la capacità della rete di riconfigurarsi continuamente: prima di tutto, ognuno dei robot a ognuno dei tre livelli può fare indifferentemente da nodo di scambio, da emittente o da ricevente (nonché da unità di combattimento) a seconda delle esigenze. La rete non deve dipendere da nessuno dei suoi nodi: se un aereo viene abbattuto, la comunicazione non si interrompe neanche per un secondo. In più, gli aerei devono cercare di volta in volta la configurazione migliore per ottimizzare la qualità del segnale. Ancora, la rete può “barattare” larghezza di banda in cambio di una maggiore durata delle batterie, o maggiore distanza di copertura, e può decidere di volta in volta, a seconda delle possibilità, se inviare immagini in movimento a colori ad alta definizione o fotografie in bianco e nero. Per questo del gruppo di lavoro fanno parte anche neuroscienziati ed esperti cognitivi, perché la rete deve riconfigurarsi proprio come fanno i neuroni. Tra i ricercatori che hanno dato vita ad Arpanet, l’ingegnere italiano immagina un futuro in cui la sua nuova applicazione venga utilizzata a scopi civili, principalmente nelle azioni di soccorso: “gli aerei senza pilota potrebbero raccogliere dati da terra, per esempio sul luogo di un terremoto o di un incendio, e mettere in comunicazione i gruppi che lavorano a terra”. In ambito commerciale, invece, potrebbero essere usati come ripetitori mobili per risolvere la congestione del segnale nelle aree urbane, durante il picco del traffico di telefonia cellulare, o in caso di un blocco su vasta scala delle comunicazioni.E il volo civile? “Naturalmente, sarebbe possibile “mettere in rete” tutti gli aerei commerciali in un settore di controllo e far girare un algoritmo per farli atterrare”, dice ancora Gerla, “per esempio in caso di problemi alla torre di controllo o di un attacco terroristico. Ricordiamoci però che, sul campo di battaglia due aerei senza pilota che si scontrano sono considerati una perdita tollerabile. Diversa è la valutazione nel caso del volo civile”.

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