Le feste stanno per finire, ed è tempo di bilanci. Se David Spiegelhalter ci aveva spiegato come mangiare troppo durante le feste natalizie ed esagerare con i brindisi a capodanno possano costare caro in termini di microvite (Vedi Galileo: Gli stravizi che accorciano la vita), i pericoli delle ricche tavole imbandite non sono finiti. Le abbuffate possono infatti anche far sballare l’orologio biologico della fame, perché mangiare troppo può scombussolare il meccanismo interno che regola i processi metabolici del corpo in previsione dei pasti. Proprio come accade con il jet lag o con abitudini alimentari irregolari.
E’ quanto suggerisce uno studio della University of California di San Francisco, pubblicato su Pnas, che svela i meccanismi molecolari che regolano questo complicato processo, evidenziando in particolare il ruolo di una proteina, la Pkcγ. Questa molecola giocherebbe un ruolo fondamentale nel resettare l’orologio dei pasti in occasione di cambiamenti nelle abitudini alimentari (come per esempio le grandi mangiate natalizie), e il suo funzionamento potrebbe essere importante per comprendere le basi molecolari di diverse disfunzioni metaboliche.
Nella maggior parte degli organismi viventi, spiegano gli esperti, i ritmi dei processi biologici che avvengono all’interno del corpo sono regolati da un orologio interno, chiamato “oscillatore circadiano”, che scandisce l’attività del metabolismo in un ciclo di 24 ore. Questo meccanismo è fondato sull’attivazione di diversi geni, controllata da un’apposita struttura cerebrale chiamata nucleo soprachiasmatico. Oltre all’oscillatore principale ne esistono però altri, definiti “oscillatori periferici”, che agiscono parallelamente a questo durante l’arco delle 24 ore, occupandosi di cicli metabolici più specifici. Uno di questi è l’oscillatore dei pasti, che prepara il corpo in previsione dell’assunzione di cibo, garantendo un assorbimento ottimale delle sostanze nutritive.
L’orologio dei pasti regola l’azione di geni che si occupano di mansioni molto diverse, che vanno dall’assorbimento degli alimenti nell’apparato digerente fino al trasporto dei nutrienti nel flusso sanguigno, ed è progettato per anticipare l’orario dei pasti, preparando cioè il corpo all’arrivo del cibo ancora prima che si inizi a mangiare. Gli scienziati sapevano da tempo che questo orologio può essere resettato (ovvero può cambiare ritmo) in caso di cambiamenti nelle abitudini alimentari, ma i meccanismi che garantiscono questa capacità a livello molecolare non erano ancora noti.
Studiando il fenomeno nei topi, i ricercatori dell’università californiana hanno scoperto che la possibilità di azzerare l’oscillatore dei pasti è garantita da una proteina chiamata Pkcγ. Nello studio, due gruppi di roditori, uno composto da animali normali e uno da topi privi di Pkcγ, sono stati nutriti solamente durante il giorno, periodo in cui normalmente dormirebbero. I soggetti del primo gruppo si sono abituati velocemente, imparando a svegliarsi di giorno e riducendo l’attività notturna, mentre i topi a cui mancava la proteina non sono stati in grado di modificare i loro orari, continuando a dormire anche quando veniva servito loro il cibo. Analizzando l’azione di Pkcγ i ricercatori hanno scoperto che questa è in grado di legarsi a un’altra proteina, chiamata Bmal, e di stabilizzarla, inducendo così dei cambiamenti a livello della corteccia cerebrale che modificano il “fuso orario” dell’orologio dei pasti.
“Il nostro studio ha importanti implicazioni per comprendere le basi molecolari del diabete, dell’obesità e di altre sindromi metaboliche“, ha spiegato Louis Ptacek, tra gli autori: “Perché un orologio del cibo fuori sincrono potrebbe fare parte degli aspetti patologici che causano queste sindromi”.
Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1218699110
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