Dan Lloyd
Radiant Cool. Lo strano caso della mente umana
Sironi, 2006
pp. 408, euro 18,00
Questo libro è un caso decisamente insolito nella comunicazione della scienza. Abbiamo visto scrittori avventurarsi nel territorio delle neuroscienze (lo ha fatto lo stesso Ian McEwan con “Sabato” per trarne materiale narrativo); scienziati che si sono dilettati con la scrittura di fiction per prendersi una vacanza dalle fatiche della ricerca; ma è probabilmente la prima volta che un ricercatore sceglie di usare un romanzo per esporre i risultati originali delle sue ricerche.
È quello che ha fatto Dan Lloyd, filosofo del Trinity College nel Massachusetts, con Radiant Cool, un libro che per la verità ne contiene due: prima un romanzo appunto, e poi un saggio. Il romanzo è un giallo ambientato in una università della costa orientale degli Stati Uniti dove la giovane dottoranda Miranda Sharpe si trova a indagare sulla misteriosa scomparsa del suo relatore. Impossibile raccontare troppo della trama senza sciupare i colpi di scena (ben studiati, per gli amanti del genere) di cui Lloyd dissemina il racconto, ma quel che conta è che per affrontare il caso, Miranda dovrà ricostruire le ricerche dello scomparso, incentrate sulle basi neurali della coscienza, e accompagnare il lettore tra simulazioni con le reti neurali ed estratti da opere di Husserl.
Il tutto grazie anche all’aiuto di…Dan Lloyd stesso, che compare come personaggio verso la fine del romanzo dopo che Miranda si imbatte per caso nel suo sito web. Quando il romanzo giunge alla fine, Lloyd, usando il più classico degli artifici letterari (scrive di avere ritrovato il manoscritto di Miranda, che costituirebbe appunto il romanzo, e di doverlo chiarificare con alcune note) fa seguire un saggio in cui espone, in modo più classico, la propria teoria sulla coscienza. Incentrata, per gli amanti di quest’altro genere, sulla temporalità e sull’utilizzo di reti neurali per simulazioni di “minicoscienze”.
Il risultato è un libro intrigante e divertente per chi abbia già una buona conoscenza del dibattito sulla coscienza, non troppo abbordabile per i profani; alla fine si è però costretti a chiedersi se la parte più divertente e scorrevole sia davvero il romanzo, che in teoria starebbe lì proprio per facilitare l’ingresso in una materia così difficile, o non invece il saggio, dove chiaramente la scrittura di Lloyd è più a suo agio e l’argomentazione segue linee più dirette. Tuttavia, Radiant Cool si impone come un esempio estremamente interessante di uso della fiction per comunicare teorie scientifiche, una strada che, c’è da scommettere, altri sceglieranno di percorrere in futuro.