Mark L. Taper e Subhash R. Lele (a cura di)
The Nature of scientific Evidence. Statistical, philosophical, and empirical considerations.
Chicago University Press, 2004
pp.567, euro 30,38
Da molti decenni filosofi e scienziati si interrogano sul modo in cui la conoscenza scientifica viene creata e messa in discussione. La visione per così dire ‘classica’ è quella della scienza come sistema deduttivo, la cui fallibilità è quindi legata o a errori nelle premesse o a fallacie logiche presenti nel ragionamento. È un’idea sviluppata per lo più dai filosofi della scienza, e divulgata anche dagli scienziati. Tuttavia si tratta spesso di una sorta di semplificazione utile a fini didattici ed espositivi, secondo un uso antico: già Euclide ammetteva che le dimostrazioni dei teoremi illustrate nei suoi volumi sono lontane dal reale svolgersi della ricerca scientifica. Questa procede infatti per tentativi e approssimazioni successive, più simile ormai – come sottolineato in questo volume – a un processo di tribunale che si muove per prove indiziarie (i dati) nei confronti di un sospetto (l’ipotesi).
Questo mutamento di percezione della natura della ‘prova’ scientifica segna quindi il passaggio dalla ricerca della certezza alla gestione dell’incertezza. Per far ciò, è necessario un apparato di concetti e tecniche in grado di rendere quantificabile il grado di incertezza relativo a una qualsiasi ipotesi avanzata. Questo volume si propone dunque di analizzare come la conoscenza scientifica venga prodotta e messa alla prova nel processo di ricerca, e su quali basi sia possibile ammettere evidenze e con quale grado di certezza. Sono cinque le sezioni in cui è suddiviso il libro, progettato in modo da poter essere il testo base per un corso semestrale che ogni settimana affronti un capitolo. La prima è dedicata al processo scientifico, la seconda alla logica dell’evidenza, la terza alle realtà della natura, la quarta al rapporto tra scienza, opinione e evidenza, l’ultima ai modelli in relazione alle realtà e alle evidenze.
L’accento cade soprattutto sull’uso della statistica come tecnica di gestione dell’incertezza. Gli strumenti della statistica hanno infatti conosciuto notevole successo nel Novecento come mezzi per affrontare le questioni poste da problemi particolarmente complessi e prendere decisioni di fronte a scelte difficili. In particolare, nel volume – che fa un largo uso di formalismi matematici – viene preso in esame dettagliatamente il caso dell’ecologia. Questa disciplina è infatti basata sull’uso di modelli in cui si può parlare quasi esclusivamente di probabilità, e deve prendere in considerazione molte variabili contemporaneamente. Per questo i modelli matematici sviluppati per studiare la dinamica dei sistemi formati da molti attori interagenti si stanno rivelando utili per affrontare in modo pertinente gli scenari ecologici. Inoltre, la peculiare natura dell’ecologia rende quasi impossibili gli esperimenti tradizionali. Diventa inevitabile il ricorso alle simulazioni, cioè a modelli dinamici capaci di mostrare, seppur con un grado di incertezza, l’evoluzione del sistema nel tempo.
L’esempio della simulazione che prende il posto dell’esperimento è indicativo proprio di come il progredire della scienza e della tecnologia richieda nuovi approcci anche epistemologici alla natura dei dati e delle evidenze scientifiche ammissibili. Un mutamento di prospettiva che questo libro affronta e di cui propone alcune soluzioni, pur non trattando larga parte della filosofia delle scienze della vita che negli ultimi decenni aveva già intrapreso una revisione radicale degli assunti fondamentali dell’epistemologia.