Nelle scorse settimane i ricercatori dell’osservatorio di Hanford, nello stato di Washington, hanno annunciato un altro piccolo, ma fondamentale, passo verso uno dei traguardi più ambiziosi della fisica moderna: l’osservazione delle onde gravitazionali. L’esperimento è così delicato che si devono raggiungere livelli di precisione altissima, precisione che finora si era raggiunta per poche frazioni di secondo soltanto. Per la prima volta i fisici di Hanford sono invece riusciti a mantenere la sensibilità massima per quasi un minuto. Il risultato arriva a pochi mesi da un altro grande traguardo raggiunto sempre a Hanford: il 20 ottobre dello scorso anno per la prima volta gli specchi dell’interferometro laser (il cuore dello strumento per la rilevazione delle onde gravitazionali) sono stati allineati con una precisione su scala atomica grazie all’aiuto di un sofisticato sistema di controllo.
L’osservatorio di Hanford fa parte assieme a quello di Livingston (in Louisiana) del progetto Ligo, ovvero Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory, avviato nel novembre del 1999, cui partecipano studiosi del California Institute of Technology e del Massachusetts Institute of Technology. Gli strumenti di Hanford e Livingston funzionano un po’ come due grandi microfoni che captano le onde gravitazionali convertendole in segnali luminosi. Ciascun rilevatore consiste di un interferometro laser a forma di L. I bracci della L sono lunghi 2 chilometri e hanno un diametro di poco più di un metro. Agli estremi di ogni braccio sono sospesi degli specchi paralleli, perfettamente allineati, tra i quali vengono fatti “rimbalzare” (fino a ben 50 volte) raggi di luce laser. Se nel processo si presenta un’onda gravitazionale, l’oscillazione da essa prodotta modifica la distanza degli specchi e ciò provoca un’interferenza nel rimbalzare della luce, permettendo di rilevare il fenomeno.
Il problema è che la minima interferenza esterna è sufficiente a rompere l’allineamento, “nascondendo” la presenza di un’onda gravitazionale. Le oscillazioni naturali del terreno, il passaggio di un treno o persino la presenza di cavi elettrici ad alta tensione sono sufficienti a contaminare i dati raccolti. Bisogna quindi isolare il segnale (l’eventuale onda gravitazionale in arrivo) da ogni rumore di fondo. L’esistenza delle onde gravitazionali è prevista nella teoria della relatività di Albert Einstein, ma non è mai stata confermata dagli esperimenti. Esse si genererebbero in occasione di eventi straordinariamente violenti come l’esplosione di una supernova o lo scontro tra due buchi neri. All’origine, queste onde porterebbero una quantità di energia capace di spazzare via in un soffio l’intero Sistema solare. Ma nel loro lungo viaggio fino a noi questa energia viene dissipata e all’arrivo è tanto debole da poter essere coperta da una comune radio. Per questo catturarle è così difficile. E per questo due osservatori distanti tra loro che operano all’unisono sono necessari per garantire un efficiente sistema di controllo. Al contrario del rumore di fondo, un’effettiva onda gravitazionale verrebbe infatti rilevata contemporaneamente in entrambe le postazioni.
“Le cavità ottiche dei nostri interferometri sono sicuramente tra le più estese che siano mai state progettate”, racconta Erika D’Ambrosio, che lavora al progetto da oltre due anni. “Il problema numero uno è che allineare specchi lontani due chilometri con la precisione necessaria è al limite delle nostre conoscenze. Finora riuscivamo a mantenere l’allineamento per meno di un secondo. Improvvisamente il mese scorso si sono scavalcati quattro ordini di grandezza. Questo allineamento viene perso perché qualunque disturbo incide sul delicato equilibrio che tutti i sistemi di controllo devono mantenere attivo”.
“Come per tutti i grandi esperimenti”, prosegue D’Ambrosio, “i compiti sono distribuiti fra vari gruppi. Ma quando c’è un risultato notevole è un successo per tutti. La sensibilità raggiunta ora è veramente straordinaria. D’altra parte siamo ancora lontani dai livelli richiesti per rivelare il passaggio di un’onda gravitazionale. Dobbiamo usare tecniche sperimentali nuove, che stiamo studiando e imparando anche grazie alle difficoltà”. Non a caso Stan Whitcomb, un altro ricercatore di Ligo, ha commentato i recenti risultati citando la frase dei fratelli Wright riguardo al loro primo storico volo: “Non dura molto. Non va poi così in alto. Però vola!”.