Lavare la frutta potrebbe non rimuovere i pesticidi: sbucciatela

Crediti: Talal Ahmad / Unsplash

Un gruppo di ricercatori ha messo a punto un dispositivo che permette di rilevare la presenza di sostanze come i pesticidi – anche in concentrazioni infinitesimali – che possono rimanere depositati sulla buccia della frutta anche dopo un lavaggio accurato. Secondo gli autori dello studio, pubblicato su American Chemical Society’s Nano Letters, lavare la frutta prima di mangiarla potrebbe non essere sufficiente per rimuovere completamente le sostanze potenzialmente tossiche, mentre sbucciarla rimarrebbe l’opzione più sicura.

Un “cerotto” che rileva i pesticidi

Il dispositivo, messo a punto da un gruppo di ricercatori della Anhui Agricultural University, della Wuyi University e della Wuhan University (Cina), sfrutta un metodo analitico per il rilevamento di sostanze chimiche noto come surface-enhanced Raman spectroscopy (Sers).

Nella Sers le molecole da caratterizzare vengono esposte a un raggio laser di una determinata frequenza. L’interazione fra il laser e le molecole produce il cosiddetto effetto Raman, ossia un particolare tipo di dispersione della luce che contiene la “firma molecolare” della sostanza. L’effetto Raman viene poi amplificato dalla presenza di nanoparticelle metalliche; grazie a questo secondo passaggio la Sers consente di rilevare anche quantità infinitesimali di composti chimici.

Fisicamente il dispositivo consiste in una membrana flessibile e nano-strutturata, una conformazione che rende possibile l’applicazione anche su superfici curve e irregolari come appunto la buccia della frutta.

L’esperimento con la frutta

Per testare il dispositivo i ricercatori hanno spruzzato su alcune mele delle soluzioni contenenti due pesticidi comunemente utilizzati in agricoltura: il carbendazim e il thiram. Hanno lasciato che asciugassero e successivamente hanno lavato la frutta con l’acqua. Dopodiché hanno applicato il dispositivo sulla buccia: dalle analisi è emerso che i pesticidi erano ancora presenti, anche se l’articolo non riporta in che quantità. Viene riportata invece la concentrazione minima rilevabile dal dispositivo: 10-9 molare, una quantità infinitesimale, che dimostra l’elevata sensibilità della tecnica.

In un secondo esperimento i ricercatori hanno inoltre riscontrato la presenza di pesticidi anche nella parte più esterna della polpa, solo però fino a una profondità molto inferiore rispetto a quella che viene eliminata sbucciando il frutto. “Questi risultati – si legge nel comunicato relativo allo studio – suggeriscono che il solo lavaggio potrebbe essere insufficiente a prevenire l’ingestione di pesticidi e che la mondatura sarebbe necessaria per rimuovere la potenziale contaminazione nella buccia e nella polpa esterna”.

Via Wired.it

Crediti immagine: Talal AhmadUnsplash

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