Si è fatto attendere per quasi 40 anni, ma alla fine gli scienziati americani e giapponesi del Fermilab di Chicago l’hanno scovato: è il primo indizio di un differente comportamento nel decadimento della materia e dell’antimateria, cercato spasmodicamente dai fisici delle particelle di tutto il mondo. L’annuncio è stato dato il 24 febbraio apparentemente sotto tono durante un seminario interno. Ma le e-mail che come un tam tam telematico poco dopo rimbalzavano in tutto il mondo, forse poco comprensibili per i non addetti ai lavori, avevano un significato capace di eccitare chiunque nella comunità dei fisici. Il risultato, uno dei più sensazionali nella fisica delle particelle degli ultimi cinquant’anni e probabile candidato a un premio Nobel, potrebbe aiutare a chiarire qualcuno dei misteri che ancora avvolgono i primi istanti di vita dell’Universo. Secondo le leggi della fisica, al momento del Big Bang c’era tanta materia quanta antimateria. Perché è “sopravvissuta” solo la materia che oggi costituisce tutto il cosmo? Perché non si è formato un antiuniverso, formato da antiatomi, con antistelle e un’antiterra? Insomma, che fine ha fatto l’antimateria?
Da tempo gli scienziati concordano sul fatto che subito dopo il Big Bang a ogni particella ne corrispondeva una identica, ma con carica elettrica opposta. Esisteva lo stesso numero di elettroni e antielettroni (o positroni), quark e antiquark e così via. Questa situazione però è durata pochi secondi, e quasi immediatamente particelle e antiparticelle hanno cominciato a scontrarsi e fondersi tra loro generando fotoni, cioè luce. Oggi rimane una sorta di eco di quell’immane esplosione, il “microwave cosmic background” (la radiazione cosmica di fondo), che si sarebbe formato proprio in conseguenza di quegli urti primordiali. Il fatto sorprendente è che non tutta la materia venne annichilita. Una quantità, seppure minima, riuscì a sfuggire. E nei miliardi di anni successivi ha formato tutti i corpi presenti nello spazio, dalle stelle alla Terra, con tutto ciò che vi è sopra, compresa la specie umana.
Dunque, il “successo” della materia è un’evidenza testimoniata dalla nostra stessa esistenza. Perché la materia ha prevalso? La spiegazione potrebbe essere che in realtà materia e antimateria hanno comportamenti diversi: l’originaria simmetria tra particelle e antiparticelle è stata violata e ha finito con determinare un eccesso delle prime. Infatti i fisici già sapevano che materia e antimateria non solo sono l’opposto l’una dell’altra, ma che in certe condizioni si trasformano rapidamente l’una nell’altra. Basterebbe che fosse leggermente più facile la trasformazione dell’antimateria in materia piuttosto che quella inversa, per generare l’asimmetria che ci fa esistere. Questo “squilibrio” è anche previsto dal modello standard (la teoria fisica oggi più accreditata per spiegare il comportamento delle particelle), ma come spesso avviene le cose non sono affatto semplici. Intanto il modello standard non prevede la generazione di un’asimmetria sufficiente a ottenere tutto l’eccesso di materia che si è verificato, inoltre finora le prove sperimentali a supporto di questa ipotesi sono state scarse.
Fino all’annuncio della scoperta al Fermilab, l’unica evidenza di un differente comportamento tra materia e antimateria risaliva a un fenomeno scoperto nel 1964 dai fisici James Cronin e Val Fitch. I due scienziati studiarono il comportamento dei mesoni K e dei corrispondenti mesoni anti-K. Questi due tipi di particelle si trasformano facilmente le une nelle altre, ma Cronin e Fitch riuscirono a dimostrare che questa trasformazione non è perfettamente simmetrica. Il risultato era senza dubbio molto promettente, ma non “combaciava” ancora perfettamente con le previsioni del modello standard. Secondo il modello, l’asimmetria tra materia e antimateria non si genera solo per via di una più facile trasformazione di una particella nella sua antiparticella, ma anche per un diverso comportamento durante il loro decadimento: i mesoni K e anti-K, si sarebbero dovuti comportare in modo diverso quando decadevano in particelle più leggere.
Tale effetto tuttavia è molto piccolo e fino a oggi, nonostante i grandi sforzi, nessuno era riuscito a individuarlo sperimentalmente. Solo all’inizio degli anni ‘90 i ricercatori del Cern di Ginevra riuscirono a ottenere un primo indizio di una differenza nel decadimento dei mesoni K e anti-K, ma non era sufficiente. Oltretutto, nello stesso periodo la medesima misurazione effettuata al Fermilab produceva risultati negativi. Si decise dunque di dar vita a una nuova generazione di esperimenti di alta precisione: uno a Chicago, uno a Ginevra e uno in Italia, ai laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Frascati.
Ora, dopo una lunga rincorsa tra i tre laboratori di punta della fisica mondiale, la sfuggente asimmetria è stata finalmente individuata a Chicago, in un esperimento durante il quale sono state ottenute grandi quantità di mesoni K e anti-K, bombardando un bersaglio nucleare con un fascio di protoni. “Siamo eccitati per essere stati i primi a provare la violazione di simmetria durante il decadimento di particelle e antiparticelle, ma senza dubbio dobbiamo condividere il merito con i laboratori del Cern”, ha dichiarato Bruce Winstein, portavoce del gruppo del Fermilab. E proprio dagli esperimenti in corso in Svizzera e in Italia si attende ora con ansia una nuova conferma del fenomeno.
Ma non è tutto. Come spesso avviene, le grandi scoperte aprono nuovi grandi campi di ricerca. L’esperimento di Chicago infatti ha una seconda caratteristica sorprendente, forse ancora più eccitante della prima: i risultati ottenuti non solo mostrano con certezza che l’asimmetria nel decadimento di K e anti-K esiste, ma anche che la sua entità sembra essere superiore a quanto previsto nell’ambito del modello standard. Se ciò verrà confermato dai prossimi esperimenti e da un’analisi più dettagliata delle possibili incertezze teoriche, potrebbero essere messe in dubbio le basi stesse su cui oggi poggia la fisica delle particelle. E la conseguenza inevitabile sarebbe un vero e proprio terremoto nel mondo scientifico, dal quale potrebbe emergere una nuova e più completa teoria.