L’invasione delle locuste, cosa si sta facendo per fermarle?

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Nei cieli del Corno d’Africa miliardi di locuste affamate volano in sciami così estesi da oscurare il sole. A rischio milioni di ettari di campi coltivati e la sicurezza alimentare di almeno 20 milioni di persone. Una piaga di reminiscenze bibliche – per alcuni paesi la peggiore degli ultimi 70 anni – che arriva in un anno particolarmente infausto, già segnato da una sequela di eventi catastrofici come i devastanti incendi in Australia e la pandemia Covid-19. I paesi più colpiti dall’invasione di locuste in Africa orientale e Medio oriente hanno reagito principalmente spruzzando pesticidi dagli aerei – una strategia piuttosto inefficace e dannosa per l’ambiente. Per fortuna, i ricercatori stanno studiando come monitorare gli sciami e identificare in anticipo i focolai o i siti di riproduzione e deposizione delle uova, riferisce un articolo su Nature. Contro gli insetti giovani o adulti, aumentano anche le strategie mirate ed ecologiche, come l’uso di biopesticidi o di predatori naturali. Tra gli altri, uno studio, propone di catturare le locuste con un’esca, un feromone che loro stesse producono per attirare le compagne e formare gli sciami.

Locusta del deserto, una specie trasformista

La responsabile di questo disastro è la locusta del deserto, o Schistocerca gregaria. Si tratta di una specie dalla biologia particolare: esiste infatti in due forme, una stanziale e solitaria, e una gregaria e migratrice. È proprio questa, dal caratteristico colore giallo e nero, che dalla fine del 2019 sta devastando le coltivazioni in Kenya, Somalia, Yemen, India, Etiopia e altri paesi dell’Africa orientale, Medio oriente e Sud-est asiatico.

Le cause di un’invasione di queste proporzioni – la peggiore in Kenya degli ultimi 70 anni e in Etiopia degli ultimi 25 – vanno ricercate nel clima dei due anni precedenti, caratterizzato da forti piogge seguiti da periodi di siccità, che hanno favorito prima la riproduzione degli insetti e poi la trasformazione a specie gregaria. Durante la siccità, infatti, le risorse sono quasi tutte distribuite in poche aree ristrette: le locuste hanno quindi più probabilità di entrare in contatto e formare lo sciame.

La trasformazione a specie gregaria e migrante, infatti, è un meccanismo evolutivo, l’unico modo per non soccombere alla scarsità di cibo. Gli sciami – che possono raggiungere una densità di 80 milioni di insetti al chilometro quadro ed estendersi per centinaia di chilometri quadrati –  si spostano giorno e notte in cerca di vegetazione, coprendo fino a 150-200 km in un giorno. Sono veloci, affamati e soprattutto imprevedibili.

A rischio la sicurezza alimentare

Uno sciame affamato può fare molti danni. La FAO (Food and Agricolture Organization) ha stimato che la locusta del deserto costituisce una minaccia per il sostentamento di almeno una persona su 10 in tutto il pianeta: “il parassita migratorio più pericoloso al mondo”. Ciascun individuo mangia in un giorno l’equivalente del suo peso (circa 2 grammi), principalmente mais e sorgo che sono alla base della dieta delle popolazioni rurali africane. Uno sciame di un chilometro quadro può consumare in un giorno la stessa quantità di cibo di 35.000 persone.

Come bloccare l’invasione?

I paesi colpiti e le organizzazioni di ricerca stanno combattendo le locuste da più fronti. Anche la FAO ha un programma apposito: la commissione per il controllo delle locuste (Desert Locust Control Committee), che unisce sia i paesi colpiti dalle infestazioni che quelli che sostengono le spese con donazioni. I costi stimati per combattere questa invasione sono di oltre 150 milioni di euro.

La prima linea di difesa è quella degli insetticidi chimici, distribuiti dagli aerei o dai droni per colpire gli sciami. A maggio, secondo la FAO, 240.000 ettari di terreno in un totale di 10 paesi erano stati trattati con i pesticidi e centinaia di persone istruite per le operazioni di monitoraggio via terra. Ma quando la pandemia Covid-19 ha interrotto la fornitura di prodotti chimici e ridotto drasticamente il trasporto aereo globale, la lotta alle locuste ha subito un brusco rallentamento.

Le alternative green

Gli insetticidi, a ogni modo, non sono la strategia più efficace e di certo nemmeno la più ecologica. La loro diffusione in grandi quantità rappresenta un danno per l’ecosistema e anche per la salute umana. Una seconda opzione sono gli “insetticidi biologici”, come il fungo Metarhizium acridum che infetta e uccide le locuste. I funghi sono più selettivi dei pesticidi chimici e quindi meno pericolosi per le altre specie di insetti e per gli essere umani; sono però anche molto più lenti a uccidere e lascerebbero alle locuste il tempo di danneggiare i raccolti.

Altre opzioni di difesa sono l’utilizzo di reti elettrificate per proteggere i campi o di predatori naturali, come alcuni uccelli. Anche la popolazione rurale africana nei piccoli centri abitati combatte le locuste a modo suo: i bambini gridano fino a farsi dolere la gola per scacciare gli insetti; gli adulti accendono fuochi o bruciano le gomme delle auto. Molti piccoli agricoltori hanno reagito diversificando le colture: frutta e verdura al posto di sorgo e mais, che sono più vulnerabili agli attacchi delle locuste.

Strategie di prevenzione

Molte di queste strategie colpiscono lo sciame quando ormai si è formato ed è in volo. Ancora meglio sarebbe invece agire d’anticipo o individuare i focolai sul nascere distruggendo le uova o i giovani insetti quando sono ancora allo stato di ninfa, incapaci di volare. Le stazioni meteo, ad esempio, producono costantemente bollettini aggiornati per gli agricoltori, che sulla base delle condizioni atmosferiche possono prevedere quando arriverà lo sciame e iniziare a spruzzare insetticidi in maniera preventiva.

In uno studio pubblicato a luglio su Scientific Reports, inoltre, i ricercatori descrivono un algoritmo in grado di predire i siti di riproduzione delle locuste del deserto, basandosi su precipitazioni, temperatura e umidità del suolo. L’algoritmo ha predetto correttamente tre siti di riproduzione in tre paesi, Marocco, Mauritania e Arabia Saudita. Una volta identificato il sito, si può intervenire arando il terreno per distruggere le uova oppure usando rulli compressori o uccelli predatori per uccidere le ninfe prima che spicchino il volo.

Se imparassimo la loro lingua?

Una possibilità più recente è quella di imparare il linguaggio delle locuste, identificando le molecole che usano per comunicare tra loro. Su Nature, i ricercatori dell’università di Pechino riportano la scoperta di un feromone, il 4-vinilanisolo, che un’altra specie di locusta migratoria (Locusta migratoria) usa per attrarre le compagne e formare gli sciami.

Le locuste sarebbero in grado di rilevare la presenza del feromone per mezzo dei neuroni olfattivi che si trovano sulle antenne. I ricercatori hanno anche identificato il recettore, chiamato OR35: un primo fondamentale passo per arrivare alla sintesi di un antidoto chimico in grado di bloccare la sua funzione. Ma il feromone potrebbe anche essere usato per indurre le locuste ad aggregarsi lontano dai campi e magari all’interno di gigantesche trappole. Una possibilità che i ricercatori hanno dimostrato per il momento solo su piccola scala: il trasferimento su grande scala comporterà la risoluzione di molte sfide tecniche e logistiche.

Riferimenti:Nature, Scientific Reports, UN.org

Credits immagine di copertina: ChriKo CC via Wikimedia