Malati e abbandonati

Chi è affetto da una malattia rara arriva a scoprire cosa lo fa stare male anche dopo sette anni. Se esiste un fortunato 35 per cento di pazienti che ottiene un responso dopo alcuni mesi infatti, c’è anche un 25 per cento che aspetta da uno a tre anni, e un altro 25 per cento che deve attendere anche di più. Una volta conosciuta la malattia poi, l’accesso a cure e a protesi non è affatto garantito: i farmaci per una determinata patologia sono erogati gratuitamente solo in alcune regioni o addirittura solo in alcune Asl, con il risultato che il 58 per cento dei pazienti non ha diritto all’esenzione. Lo stesso accade per lo stato di invalidità, cui molte di queste malattie portano e che dà diritto a un contributo economico di 246,73 euro. Questo obbliga le persone a spostarsi, con ricadute sulla salute e sul portafogli (ogni spostamento costa in media 300 euro). In generale, un paziente spende in un anno da 800 a 7.000 euro. Mancano inoltre informazione e una rete assistenziale che prenda in carico il malato durante tutta la vita – dal momento che queste malattie sono croniche.

Il quadro emerge dal primo rapporto sulle malattie rare stilato da Cittadinanzattiva – attraverso il Tribunale per i diritti del malato e il Coordinamento nazionale associazione malati cronici – presentato oggi a Roma nel corso della conferenza “Malattie rare. Le associazioni dei pazienti: risorsa per progettare nuovi interventi”.

Ci sono 284 malattie rare riconosciute in Italia (contro le 6.000 riportate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui l’80 per cento di origine genetica), così definite perché colpiscono meno di 5 persone ogni diecimila abitanti. In Europa sarebbero circa 30 milioni le persone che soffrono di una di queste malattie, mentre in Italia si stimano circa due milioni di pazienti, il 70 per cento dei quali sono bambini.

L’indagine ha coinvolto 11 responsabili regionali della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) e 25 associazioni dei malati. Secondo il rapporto, infatti, le associazioni rappresentano il principale veicolo di informazione nell’80 per cento dei casi, e vanno in parte a colmare la lacuna di un Sistema sanitario nazionale che non è in grado di indirizzare i pazienti verso un centro specializzato. I dati infatti ci dicono che il medico di base e il pediatra  ipotizzano la malattia rara solo nel 4,2 per cento dei casi. La conseguenza è che la diagnosi viene fatta con grande ritardo direttamente da un medico specialista nell’80 per cento dei casi.

Una volta identificati i sintomi emergono altri problemi: gli esami esenti da ticket sono troppo pochi (20,8%); i pazienti non hanno accesso ai presidi medici, alle protesi e agli ausili (33,3 %) e manca un coordinamento tra le varie figure che trattano i pazienti (66,7%). Il 16 per cento dei pazienti, inoltre, è costretto a sospendere una terapia in corso perché le aziende sanitarie improvvisamente non erogano più i farmaci. Le statistiche dicono che il 10 per cento di questi malati smettono di curarsi. (Per informazioni sulle malattie rare è possibile visitare il sito Orphanet).(t.m.)

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