Cos’è davvero il bosone di Higgs, di cos’è fatta la materia oscura e perché esistono tre “famiglie” di elettroni. Possono sembrare questioni molto di nicchia, ultraspecialistiche, ma hanno in verità a che fare con qualcosa di molto più generale: alla risposta a queste tre domande è legata, infatti, la comprensione di meccanismi profondi della natura che determinano le proprietà fondamentali dell’universo. E un aiuto a trovare queste risposte potrebbe arrivare, un giorno, dal formidabile connubio tra i dati che produrrà il Future Circular Collider, l’enorme acceleratore di particelle in progettazione al Cern di Ginevra, e l’intelligenza artificiale che si occuperà di interpretarli. Questa è la visione di Mark Thomson, professore di fisica sperimentale delle particelle a Cambridge e oggi nominato nuovo direttore del Cern come successore di Fabiola Giannotti. Il ruolo verrà ufficializzato a dicembre e Thomson inizierà il suo mandato quinquennale il 1 gennaio 2026. Thomson è recentemente stato in visita in Italia e lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua visione sul futuro della fisica e sulle prossime sfide del Cern.
I neutrini, così piccoli ma così importanti
La conversazione con Mark Thomson non può che cominciare dai neutrini, oggetto delle sue ricerche da diversi decenni. Come vi abbiamo più volte raccontato, nei neutrini sembra essere conservato uno dei segreti più impenetrabili dell’Universo, e cioè la cosiddetta asimmetria tra materia e antimateria. È lo stesso Thomson, che è co-leader di Dune (Deep Underground Neutrino Experiment), uno dei più grandi esperimenti su neutrini al mondo, a spiegarcelo: “I neutrini sono chiaramente diversi dalle altre particelle. Per molto tempo abbiamo pensato che avessero massa zero, ma ora sappiamo che hanno una massa quasi nulla, ma non proprio zero, una massa molto molto piccola, molto più piccola rispetto a tutte le altre particelle. Quindi c’è chiaramente qualcosa di diverso nei neutrini e al momento non sappiamo cosa li renda così particolari. Ma c’è dell’altro – aggiunge – Al momento ancora non capiamo perché, dopo il Big Bang, è rimasta materia nell’Universo. Il Big Bang ha creato infatti creato sia particelle che antiparticelle, che avrebbero dovuto annichilarsi a vicenda, lasciando solo energia. Invece questo chiaramente non è accaduto: quello che è successo è che per ogni miliardo di antiparticelle esistevano un miliardo e una particella. La domanda è, quindi: come si è creata questa piccola asimmetria? Ora, i neutrini potrebbero essere la chiave per questo. È probabilmente la migliore teoria che abbiamo per spiegare come si è generata questa asimmetria. Servono due cose: i neutrini devono essere delle cosiddette particelle di Majorana, cioè devono coincidere con la propria antiparticella, ma bisogna anche avere una violazione di simmetria tra materia e antimateria per i neutrini. Questa è una domanda davvero importante. Non abbiamo ancora osservato questa violazione, e uno degli obiettivi principali del progetto Dune è proprio dimostrare che i neutrini si comportano in modo diverso rispetto agli antineutrini. Dimostrare che violano questo principio, secondo cui materia e antimateria dovrebbero comportarsi allo stesso modo, sarebbe un passo molto importante per capire perché c’è materia rimasta nell’Universo”. Comprendere se il neutrino è o meno una particella di Majorana, ovvero se coincide o meno con la sua antiparticella, è dunque di importanza cruciale per la fisica moderna: e così abbiamo chiesto a Thomson di provare a scommettere su quale potrebbe essere, secondo il suo intuito, la risposta giusta. Non ha esitato: “Personalmente sono convinto che il neutrino sia una particella di Majorana. La spiegazione è molto elegante, e soprattutto non viola una delle leggi fondamentali dell’Universo, cioè la relatività speciale di Einstein. Se dovessi scommettere, punterei su questa possibilità”.
Non di soli neutrini
La fisica dei neutrini, insomma, è di importanza capitale. Ma non è l’unica tra le questioni fondamentali ancora irrisolte: Thomson ne ha individuate altre tre, altrettanto importanti. “La prima riguarda il bosone di Higgs, che abbiamo scoperto nel 2012: è una particella completamente diversa da qualsiasi cosa abbiamo visto prima, e conferisce massa a tutte le altre. In un certo senso, quindi, è ovunque: anche nello spazio profondo, dove non c’è nulla, il campo di Higgs esiste. Perché? Che tipo di particella è? È davvero una particella elementare?”. Poi, naturalmente, ci sono la materia e l’energia oscure: “Sappiamo che tutto ciò che vediamo – spiega il fisico – è fatto di materia, e rappresenta solo il 5% dell’Universo. C’è almeno un altro 25% costituito da particelle di materia oscura: abbiamo alcune idee su cosa potrebbero essere, e sappiamo che devono esistere perché ne vediamo gli effetti sule galassie, ma non andiamo molto oltre. Capire cosa sia la materia oscura è davvero cruciale. Risolvere questa questione varrebbe immediatamente un premio Nobel. Non c’è dubbio”. Ultimo ma non meno importante, un problema legato agli elettroni e ad alcuni loro parenti: “La terza questione è un po’ più sottile. Esistono delle versioni pesanti degli elettroni, chiamati muoni, e delle versioni ancora più pesanti, chiamati leptoni tau. E non sappiamo perché ci sono diversi tipi di elettroni – li chiamiamo ‘famiglie’ o ‘generazioni’ – né perché abbiano masse diverse. Penso che l’origine di queste famiglie, il motivo per cui abbiamo più copie di ogni particella e cosa determini le loro masse e perché siano così diverse sia una domanda enorme. A volte chiamiamo questo ‘enigma del sapore’ e al momento ne sappiamo poco”.
Il Future Circular Collider: verso una nuova fisica
A provare a rispondere a queste (e altre) domande – almeno così sperano i fisici – sarà il Future Circular Collider (Fcc), un enorme acceleratore di particelle in progettazione al Cern di Ginevra, che dovrebbe essere il successore di Lhc, lo strumento che, per l’appunto, ci ha consentito di scoprire il bosone di Higgs. E che comunque ha ancora molto da dire: “Lhc ha ancora un futuro molto entusiasmante davanti a sé” dice Thomson “la prima priorità è completare i suoi aggiornamenti, rendendolo più potente: speriamo in questo modo di riuscire a ottenere misure più accurate e magari qualche nuova scoperta. Le prospettive di Fcc sono più ampie, e più lontane nel tempo: speriamo che entri in funzione nel 2045, e perché sia possibile bisogna cominciare a pianificarlo già ora. La motivazione scientifica per la prima fase di Fcc è legata all’Higgs: faremo collidere elettroni e antielettroni per capire meglio le proprietà del bosone. Vogliamo avere a disposizione una macchina gigante, un enorme microscopio, che ci permetta di raggiungere energie dieci volte più alte rispetto a quelle di Lhc: ci sono così tante cose che ancora non comprendiamo nella fisica delle particelle, e uno degli strumenti più potenti per esplorare l’ignoto è sostanzialmente quello di far scontrare i protoni nel modo più energico possibile. Nell’esplorazione di questo ignoto saranno fondamentale gli strumenti, le persone e le competenze. Ma anche l’intelligenza artificiale ci darà un enorme aiuto”.
Via: Wired.it
Immagine: Wikimedia Commons