Due piccoli frammenti di Rna sembrano in grado di arrestare il progresso del tumore alla prostata. Si chiamano miR-15a e miR-16-1 e sopprimerebbero l’attività di diversi oncogeni. La scoperta si deve a un gruppo di ricercatori italiani dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e dell’Istituto oncologico del Mediterraneo coordinati da Ruggero De Maria, ed è stata pubblicata su Nature Medicine.
Analizzando i tessuti tumorali di 40 pazienti con cancro alla prostata, i ricercatori hanno notato che una piccola porzione di Dna, normalmente localizzata sul tredicesimo cromosoma, non era presente. In questa regione si agganciano solitamente due microRna (miR) non codificanti (che non portano cioè alla formazione di alcuna proteina), miR-15a e miR-16-1 per l’appunto, su cui si è concentrato lo studio.
Gli esperimenti effettuati sui topi hanno rivelato che la scomparsa dei due frammenti di Rna promuove la trasformazione delle cellule prostatiche in tumorali e accelera la loro proliferazione. Introdurre nuovamente nelle cellule cancerose i microRna, invece, blocca questa crescita e distrugge le cellule cancerose stesse, facendo regredire la malattia. MiR-15a e miR-16-1, secondo lo studio, sarebbero legati all’attività di tre oncogeni, Bcl2, Ccnd1 e Wnt3a, la cui espressione infatti aumenta nei casi di tumore alla prostata.
Secondo i ricercatori, la scoperta potrebbe agevolare lo sviluppo di nuove terapie e rivelarsi utile nella diagnosi precoce: i medici potrebbero valutare l’aggressività del cancro prostatico proprio grazie alla presenza o assenza di miR-15a e miR-16-1. (a.g.)