La chiamano la malattia del bacio, ma i baci c’entrano fino a un certo punto con la mononucleosi infettiva. La saliva, infatti, è certamente una delle vie di contagio più efficienti ma non certo l’unica per questa malattia. Altri fluidi biologici possono veicolarla, trasportando uno dei virus che ne sono responsabili. Parliamo al plurale perché il virus Epstein-Barr (Ebv) – comunemente indicato come virus della mononucleosi – è solo uno, il principale, responsabile di questa malattia (e di altre sette, a quanto pare). L’Ebv la fa da padrone, ma anche l’Hiv, il cytomegalovirus, il virus della rosolia, quelli dell’epatite A, B, C, gli adenovirus, o il parassita della toxoplasmosi possono causare la mononucleosi. Per questo, la mononucleosi infettiva non è una specifica malattia ma una sindrome clinica cui corrisponde una pletora di sintomi alla cui origine possono esserci infezioni diverse.
I sintomi della mononucleosi infettiva
Inizialmente, la mononucleosi è clinicamente indistinguibile da un comune mal di gola. Infatti si presenta con tutti i sintomi tipici di una brutta infezione da streptococco: febbre, mal di gola, mal di testa, stanchezza, linfonodi del collo e delle ascelle ingrossati. Questi sintomi compaiono alcune settimane dopo l’infezione (almeno nel caso dell’EBV). Di solito, inizialmente compare il mal di gola, con secrezioni simili a quelle di infezioni batteriche (streptococco o stafilococco), seguito da febbre e stanchezza. La febbre e il mal di gola tendono a risolversi nel giro di un paio di settimane, ma la sensazione di stanchezza e l’ingrossamento dei linfonodi e della milza possono durare molto più a lungo, per settimane, se non mesi.
Diagnosi e cura
Se si sospetta il contagio, ci si può rivolgere al medico. Per la diagnosi l’utilizzo di alcuni test del sangue – come quelli per la conta dei globuli bianchi (che aumentano in caso di malattia), l’analisi di eventuali anomalie nella forma dei linfociti e la presenza di anticorpi diretti contro l’Ebv – può essere d’aiuto. Tuttavia, le analisi di laboratorio, in particolare i test per determinare la presenza o meno di anticorpi contro l’Ebv, sono utili soprattutto nel caso di pazienti che non riportino sintomi tipici della mononucleosi o per identificare altre condizioni legate al virus. Nel caso di interessamento del fegato, anche alcuni valori correlati (come per esempio quello delle transaminasi) potrebbero essere alterati.
In ogni caso, in assenza di complicazioni, i trattamenti per la mononucleosi infettiva sono aspecifici e sintomatici, vale a dire che, se necessario, per alleviare i sintomi si possono assumere farmaci da banco, riposare, seguire una dieta sana e ricca di liquidi. Interventi specifici (da farmaci corticosteroidi a interventi chirurgici) vengono prescritti e attuati solo nel caso in cui sopraggiungano complicazioni. Tra quelle possibili, c’è la di rottura della milza, con conseguente emorragia, dolore, debolezza. Complicazioni rare sono l’ittero, se l’infezione arriva al fegato, e la meningite, se è coinvolto il sistema nervoso. Altrettanto rare sono le miocarditi, l’anemia, l’abbassamento delle piastrine e l’ingrossamento delle tonsille.
Epidemiologia e prevenzione della mononucleosi infettiva
Praticamente ogni essere umano adulto sul pianeta è entrato in contatto con il virus Epstein-Barr, generalmente, nell’infanzia. Negli Stati Uniti, circa il 50 per cento dei bambini di 5 anni lo ha già incontrato, senza sviluppare sintomi, percentuale che sale al 70% al primo anno del college. Per questo motivo, la mononucleosi è comune soprattutto tra gli adolescenti e i giovani, nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 30 anni. Ma solo nei paesi industrializzati: in quelli in via di sviluppo l’età dell’infezione si abbassa.
La mononucleosi non genera epidemie e solo raramente l’infezione si trasmette ad altri membri della famiglia. Il virus Epstein Barr non è altamente contagioso (non tutti si ammalano quando vi entrano in contatto) e le principali riserve nel corpo umano sono la faringe o le ghiandole salivari e le cellule epiteliali. Per questo, la via di contagio comune resta la saliva.
Questo la dice lunga sulla possibilità di prevenzione. Per la quale, non esistendo ad oggi un vaccino, è sufficiente seguire le fondamentali norme igieniche (le stesse che dovremmo seguire anche per prevenire l’influenza) ed evitare comportamenti a rischio. Per esempio, la condivisione di bicchieri e posate. Non a caso, la facilità di contrarre il virus da parte dei bambini è legata alla consuetudine dei più piccoli di portare alla bocca qualsiasi oggetto. Queste precauzioni, a maggior ragione, dovrebbero essere prese se intorno a noi ci sono persone con accertata o sospetta mononucleosi. E se siamo noi ad ammalarci, esattamente come in caso di influenza, evitiamo di contagiare altri: restiamo a casa a curarci, evitando di presentarci a scuola o al lavoro comunque, anche se malati.