Da tempo si sperimenta l’uso di nanoparticelle in grado di trasportare i farmaci nelle cellule tumorali, ma senza aver trovato finora un sistema abbastanza efficace e privo di effetti collaterali. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California a San Diego, del Massachusetts Institute of Technology (Mit) e del Brigham and Women’s Hospital di Boston ha ora messo a punto un tipo di “navette” a base di silicio capaci di illuminarsi con sufficiente intensità da evidenziare tumori anche di piccole dimensioni, e che non rilasciano sostanze tossiche per l’organismo quando si degradano.
Le particelle di silicio vengono iniettate in prossimità del tumore e, una volta raggiunte le cellule cancerose, vi si legano. La sperimentazione effettuata sui topi ha mostrato che la luminescenza – di un rosso intenso, indotta con i raggi ultravioletti dopo l’iniezione – persiste per qualche ora prima di scomparire quando le particelle si dissolvono, rilasciando i farmaci. I chemioterapici vengono trasportati grazie a porosità create con un sistema a ultrasuoni nelle minuscole strutture. “Si tratta delle prime nanoparticelle progettate per minimizzare gli effetti collaterali di questo tipo di approccio”, scrive Michael Sailor, coordinatore dello studio apparso questa settimana su Nature Materials. Altri materiali, come i nanotubi di carbonio e l’oro, sono in grado di svolgere le stesse funzioni, ma presentano problemi di tossicità.
I vantaggi dell’utilizzo dei nanovettori sono diversi: colpiscono i tumori in modo più efficace e selettivo, e richiedono dosi di farmaci più basse rispetto alle terapie standard. Altri vantaggi sono legati alle dimensioni relativamente grandi delle particelle (circa 100 nanometri): possono trasportare maggiori quantitativi di chemioterapici ed essere filtrate ed espulse più facilmente dai reni una volta degradate. (s.s.)
Riferimento: doi:10.1038/nmat2398