Entanglement. Un termine di difficile traduzione italiana (qualcuno azzarda intreccio o aggrovigliamento) che descrive uno dei fenomeni più bizzarri e controintuitivi della meccanica quantistica, la branca della fisica che descrive il comportamento delle particelle su scala microscopica. In qualsiasi modo preferiate chiamarlo, l’entanglement è alla base di molte applicazioni tecnologiche del presente e del futuro, tra cui l’informatica, le telecomunicazioni e la crittografia quantistica. Tanto che – e questa è la notizia – il comitato del Nobel per la fisica ha deciso oggi di premiare Alain Aspect, John Clauser e Antoon Zeilinger “per aver dimostrato il potenziale di indagare e controllare particelle che sono in stati entangled […] Lo sviluppo di questi strumenti sperimentali ha gettato le basi per una nuova era della tecnologia quantistica”.
Entanglement quantistico, raggiunto un nuovo record
Cerchiamo di capirci qualcosa di più. Nel mondo subatomico, quello per l’appunto regolato dalle leggi della meccanica quantistica, una particella può essere in due diverse condizioni, o stati, nello stesso momento. Per esempio (semplificando un po’) una particella può “ruotare” in una direzione o nell’altra – il cosiddetto spin – ma anche in entrambe le direzioni contemporaneamente. Questa moltitudine di stati, detto anche sovrapposizione quantistica, permane finché un osservatore non misura lo spin: in quel momento esso collassa su uno solo dei due stati. Si tratta di un fenomeno assolutamente bizzarro, ma verificato sperimentalmente, che ha aperto le porte a speculazioni filosofiche sul ruolo dell’osservatore e sull’esistenza stessa di una realtà oggettiva. Lasciando per un attimo da parte questo aspetto, le cose si fanno ancora più complicate: due (o più) particelle quantistiche possono essere intrinsecamente collegate tra loro (entangled, per l’appunto) in modo tale che entrambe abbiano la stessa sovrapposizione di stati allo stesso tempo. Se si esegue una misura sulla prima particella, provocandone il collasso, per esempio, nello stato di spin su, la seconda collasserà istantaneamente, anche se è distante, nello stato di spin giù. La sorte delle particelle, la loro natura, è insomma indissolubilmente legata, ed entrambe subiscono la medesima alterazione durante il processo di misura, anche se questo è eseguito su solo una di esse.
L’esistenza dell’entanglement – fenomeno più volte verificato sperimentalmente a distanze sempre maggiori – metteva molto a disagio, tra gli altri, Albert Einstein, che mal digeriva questo concetto di “inquietante azione a distanza”: come è possibile, si chiedeva lo scienziato tedesco, che qualcosa sia influenzato da un evento che accade altrove, senza l’invio di nessun tipo di segnale? E, soprattutto, come è possibile che questo fenomeno avvenga istantaneamente, quando invece è impossibile trasferire informazioni a velocità superiori a quella della luce? Una delle possibili risposte a questa obiezione sta(va) nel fatto che forse la meccanica quantistica non descrive “completamente” la natura, ma è parte di una teoria – sconosciuta – più ampia: e forse, ancora, le particelle quantistiche incorporano anche qualche altro tipo di informazione che non riusciamo a misurare ma la cui esistenza giustifica il fenomeno dell’entanglement. È la cosiddetta ipotesi delle variabili nascoste, a cui lavorò negli anni sessanta il fisico John Stewart Bell, scoprendo che esiste un tipo di esperimento in grado di determinare se il mondo è puramente quanto-meccanico o se può esisterne un’altra descrizione in termini di variabili nascoste. Se si ripete molte volte questo esperimento, tutte le teorie con variabili nascoste devono mostrare una correlazione tra i risultati che deve essere inferiore o uguale a uno specifico valore: è la cosiddetta disuguaglianza di Bell.
Ed è qui che entra in gioco il lavoro di Clauser, che ha sviluppato le idee di Bell e condotto diversi esperimenti che hanno mostrato che effettivamente la meccanica quantistica viola la disuguaglianza di Bell, nel senso che predice valori di correlazioni tra i risultati superiori a quelli ammissibili con la teoria delle variabili nascoste. In altre parole, la meccanica quantistica non può essere semplicemente “rimpiazzata” da una teoria che usa le variabili nascoste. Ovvero, per essere ancora più chiari: la meccanica quantistica è corretta e non esiste alcuna variabile nascosta. Ai lavori di Clauser sono seguiti poi quelli di Aspect e Zeilinger, che hanno affinato la comprensione del problema e sono riusciti a creare stati di entanglement quantistico a distanza – il cosiddetto teletrasporto quantistico. Questi (e altri) esperimenti hanno gettato le basi per la ricerca nel campo dell’informazione quantistica: riuscire a controllare e manipolare gli stati quantistici di particelle entangled, infatti, ci dà (e darà) la possibilità di trasferire e memorizzare informazioni in modo enormemente più veloce, efficiente e sicuro. Tutti gli attuali sistemi di entanglement a più particelle attualmente in uso nei processori quantistici si devono agli esperimenti di Clauser, Aspect e Zeilinger. Nobel più che meritato, insomma.
Via: Wired.it