Nuovi schemi terapeutici, un farmaco appena immesso sul mercato e un altro in arrivo. Per le persone affette da mieloma multiplo (circa l’1,2% della popolazione italiana, in maggioranza over 60), si prospettano novità importanti, soprattutto per quanto riguarda la loro qualità di vita. I cambiamenti, però, spesso faticano ad essere applicati nella pratica clinica. Basti pensare al problema dei nuovi antitumorali in classe C(NN): quella dei farmaci il cui prezzo non è stato ancora negoziato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) con le aziende produttrici. Che sono sì in vendita, ma non possono essere rimborsati dal Sistema Sanitario Nazionale (Ssn), per cui gli ospedali che decidono di utilizzarli dovranno assumersi l’onere dei loro costi (vedi Galileo, “Due farmaci salvavita senza rimborso”). Ne abbiamo parlato con Alessandro Corso, ematologo dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, tra i maggiori esperti italiani di mieloma multiplo, intervenuto al convegno “Dalla ricerca alla pratica clinica: strategie terapeutiche innovative in Ematologia”, il primo evento sui tumori del sangue organizzato dal neonato Niguarda Cancer Center di Milano, grazie al sostegno dell’Associazione Malattie del Sangue Onlus (AMS).
Dottor Corso, come sta cambiando il trattamento del mieloma multiplo?
“Lo scenario è già cambiato molto in questi ultimi anni, e ora stanno per arrivare due nuove molecole, la Pomalidomide e il Carfilzomib. Si tratta di farmaci di terza linea, che vengono cioè utilizzati con pazienti con recidive e non responsivi alla terapia standard. Ciò nonostante sono ugualmente importanti, perché allungano la sopravvivenza e, soprattutto, migliorano la qualità di vita dei pazienti. Questo tumore, infatti, è ancora inguaribile e l’obiettivo è prolungare il più possibile i periodi di remissione e prevenire le complicanze tipiche della malattia (lesioni ossee invalidanti, insufficienza renale, ndr.) che hanno un forte impatto sociale. Le nuove molecole rappresentano, quindi, due possibilità terapeutiche in più”.
La pomalidomide è in vendita, ma ancora non è rimborsato dal Ssn. Che significa questo per i pazienti?
“Oggi i farmaci approvati dall’Agenzia europea per i medicinali devono essere messi in commercio nei paesi membri in tempi brevi, non possono trascorrere anni, come accadeva in Italia fino a poco tempo fa. L’Aifa, per non incorrere in sanzioni europee, con il cosiddetto decreto Balduzzi ha creato questa classe di farmaci CNN. Questo di fatto, però, non migliora la situazione in modo sostanziale, perché le aziende sanitarie non vedono di buon occhio che venga utilizzato un farmaco che costa migliaia di euro al mese non rimborsato e quindi completamente a carico loro”.
Quindi i pazienti rischiano di non essere curati al meglio?
“Finora i pazienti sono sempre stati trattati con le migliori cure disponibili, ma non sempre nel modo più razionale. Le linee guida dovrebbero essere riviste e aggiornate con maggiore frequenza per includere i risultati degli studi più recenti. Non mi riferisco solo all’impiego dei nuovi farmaci, ma anche ai trattamenti di prima linea”.
Cioè?
“Faccio un esempio. I risultati di studi clinici recenti, sia italiani sia internazionali, ci dicono che è possibile ridurre gli effetti tossici delle cure e mantenerne l’efficacia: modificando le dosi e i tempi di somministrazione dei farmaci impiegati per il trattamento standard. Ma se si esce fuori dai binari dello schema terapeutico registrato si diventa ‘fuori legge’, nel senso che i farmaci possono non essere più rimborsati, perché usati off-label. Tornando ai nuovi farmaci, sarà importante utilizzarli in modo da massimizzare la loro efficacia: proprio perché sono costosi, dobbiamo capire quando somministrarli per sfruttare al meglio i vantaggi. In questo modo riusciremmo a risparmiare su tanti altri fronti”.
Per esempio?
“Su quelli della gestione delle complicanze. Il mieloma multiplo è una malattia davvero molto complessa: i pazienti vanno incontro a dialisi, fratture delle vertebre che richiedono gli interventi dell’ortopedico, infezioni continue. Migliorare la qualità di vita dei pazienti significa anche un risparmio enorme per il sistema sanitario”.
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