Mutazioni su un singolo gene potrebbero essere alla base della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la malattia neurodegenerativa che porta alla paralisi progressiva e che colpisce ogni anno in Italia 1.500 persone, soprattutto uomini di età media o avanzata. La scoperta, risultato di anni di studi condotti da un’équipe internazionale in cui compaiono anche i nomi di Emanuele Buratti e Francisco Baralle dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb) di Trieste, e guidata da Christopher Shaw del King College di Londra, è apparsa su Science.
La Sla è spesso fatale entro cinque anni dalla diagnosi (un’eccezione è il caso dell’astrofisico Stephen Hawking, che combatte con il male da più di 35 anni) e non esiste terapia. Shaw e colleghi hanno studiato in un primo tempo la forma ereditaria della malattia, che colpisce il 5 per cento dei pazienti. Dallo screening di 154 persone è emerso che 4 componenti di un’unica famiglia condividevano la stessa mutazione: una variazione di una singola base (nucleotide) sul gene Tdpb, che codifica per la proteina Tdp-43. Da ricerche precedenti si sa che questa proteina si accumula nel citoplasma dei neuroni motori, sia nella forma familiare della malattia sia in quella sporadica, che colpisce “a caso”, senza trasmissione ereditaria, il 95 per cento dei malati. In un secondo momento i ricercatori hanno sequenziato lo stesso gene Tdpb in 372 malati della forma sporadica, trovando altre due mutazioni.
Secondo gli scienziati tutte queste mutazioni multiple su uno stesso gene (caso estremamente raro) hanno il medesimo effetto: alterano l’interazione di Tdp-43 con le altre proteine e provocano il suo accumulo nelle cellule cerebrali. Tali mutazioni potrebbero essere quindi la causa della morte dei neuroni motori. “La cura per le malattie neurologiche è ancora lontana” afferma Shaw: “Non sappiamo quanto, ma questo è un passo nella giusta direzione”. Prossimi gli studi sui modelli animali. (mi.m.)