Open Data, l’Italia è indietro

Sarà uno dei temi centrali del summit del G8, al via lunedì prossimo nell’Irlanda del Nord, quello sugli open data, e per l’occasione la Open Knowledge Foundation ha rilasciato i risultati preliminari relativi alla diffusione di informazioni pubbliche come open data, con l’iniziativa Open Data Census, i cui dati complessivi relativi al 2013 saranno diffusi entro l’anno. E il quadro che ne emerge mostra come, in quanto a trasparenza e open data, i paesi del G8 di strada da fare ne abbiano ancora. Soprattutto l’Italia, che in una classifica a otto si posiziona solo al settimo posto (dodicesima in quella dei paesi considerati dal Census). La notizia arriva in contemporanea con l’approvazione da parte del Parlamento Europeo di un piano per allargare l’accesso agli open data, facilitando alle aziende il riutilizzo dei dati per lo sviluppo di servizi e applicazioni. 

I dati considerati dall’Open Data Census comprendono le informazioni relative a risultati elettorali, spese di governo, emissioni di sostanze inquinanti, statistiche nazionali e servizi ai cittadini (come quelle che riguardano i trasporti o le leggi, per esempio), per un totale di dieci aree considerate. Dai risultati preliminari emerge che a guidare la classifica dei paesi più aperti sono gli Stati Uniti e il Regno Unito, seguiti da Francia, Giappone, Canada, Germania, Italia e Russia. 

Al di là di casi più o meno nazionali, ci sono punti dolenti comuni per i tutti i paesi del G8. A cominciare dal Registro imprese, un’area nella quale nessun paese del G8 riesce a raggiungere punteggio pieno (ovvero a soddisfare tutte le condizioni perché un set di dati possa considerarsi davvero aperto). Allo stesso modo i dati relativi ai codici di avviamento postale, richiesti in una moltitudine di servizi, rappresentano un problema per tutti i paesi del G8, eccezion fatta per la Germania. 

Ma passiamo al caso Italia (che sul sito Dati.gov.it fa sapere che sono oltre 6mila i dataset rilasciati in formato aperto a oggi). La posizione (7 su 8) parla da sé, e infatti il nostro paese riesce a ottenere punteggio pieno solo nelle sezioni relativi al budget di Governo e statistiche nazionali. Va peggio nei settori relativi ai risultati elettorali, alla disponibilità di mappe nazionali, alle leggi e all’ambiente, e ancor peggio in materia di orari dei trasporti, spese di governo, registro imprese e codici di avviamento postale. Insomma, di lavoro da fare ce n’è ancora.

Via: Wired.it

Credits immagine: Kevin Dooley/Flickr

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